IL PENSIERO ECONOMICO E LA MACROECONOMIA
Il pensiero economico rappresenta un passaggio obbligatorio per chi vuole comprendere, compiutamente, l’Economia politica e approfondire nell’ambito della Macroeconomia. A mio avviso, un’essenziale sintesi aiuta ad apprendere meglio la disciplina. Ecco perché propongo lo sviluppo del pensiero economico! Puntualizzo che tale tematica è complessa, articolata e ampia. Si cerca di strutturarla, il più possibile, e renderla comprensiva e interessante. Si salta il Mercantilismo e si parte dal periodo fisiocratico, fino a giungere alla Scuola Monetarista di Chicago capeggiata da Friedman Milton.
La fisiocrazia
Che cos’è la fisiocrazia? A chi si oppone? Come concepiva la ricchezza?
La fisiocrazia è una corrente economica che si afferma in Francia tra il 1756/58, opponendosi nettamente al mercantilismo. Infatti, i fisiocratici smentiscono i mercantilisti sull’idea di ricchezza. Questi ultimi affermavano che la ricchezza di un Paese si basa sul quantitativo d’oro posseduto e in merito alla circolazione delle merci. I fisiocratici, invece, concepivano la ricchezza in funzione del quantitativo di “prodotto netto” generato dal comparto agricolo, visto, da loro, come l’unico settore capace di creare autentica ricchezza. In conclusione, per i fisiocratici la ricchezza va ricercata nella natura.
Chi è il maggiore esponente? L’Illuminismo su che cosa contestava il mercantilismo?
Il maggior esponente fu il medico François Quesnay che scrisse il “Tableau Èconomique”. Il mercantilismo fu contestato anche dagli illuministi, sotto vari aspetti: la carenza di metodo scientifico; il senso paternalistico assolto dallo Stato; la mancanza di una classe dirigente politica autorevole che esprimesse un potere d’indirizzo, senza la quale, l’accrescimento della ricchezza di una nazione non può esserci.
Quali sono i presupposti su cui si basa l’opera di Quesnay?
Quesnay sviluppa la sua opera, “Il Tableau” sui precedenti presupposti, inoltre trasferisce le sue competenze, acquisiti in campo medico, nel mondo economico. Lui descrive il sistema economico come un organismo composto da uno scheletro, costituito dai soggetti economici. Questi ultimi interagiscono attraverso continue relazioni circolari per assicurare il funzionamento del sistema economico e far permettere, almeno, una sua semplice riproduzione.
Secondo Quesnay chi sono i soggetti economici che formano il Sistema economico?
I soggetti economici sono classificati nel seguente modo:
i proprietari terrieri (il clero e la nobiltà) che cedono in locazione, i loro terreni, per ricevere in cambio una rendita;
gli artigiani e i mercanti (la classe sterile) che si limitano ad attuare una trasformazione fisica della materia prima in manufatti o uno spostamento nello spazio e nel tempo dei prodotti (secondo Quesnay essi sono concepiti come una classe «sterile» perché non accrescono la ricchezza nel sistema economico);
I fittavoli (agricoltori, allevatori pescatori…) che rappresentano la classe produttiva, esempio: l’agricoltore prende in affitto un terreno, dispone di un capitale di partenza (i semi per la semina, le attrezzature e somme di denaro per retribuire i lavoratori assunti) e inizia a produrre. Alla fine del periodo produttivo ottiene un prodotto lordo. Quest’ultimo deve essere superiore, in termini di valori, al capitale di partenza. dalla differenza tra i due si ricava il prodotto netto.
La Scuola classica
Quando nasce e chi è il padre fondatore della scienza economica? Che cosa porta con sé la Rivoluzione industriale?
Grazie a questa scuola la scienza economica nasce e si afferma tra il 1776 e il 1830. Uno dei più importanti eventi, nell’ambito economico, è la rivoluzione industriale. Quest’ultima porta con sé: un grande processo d’innovazione tecnologica e specializzazione del lavoro, un ampliamento dei mercati, un incremento di capitali e una trasformazione socio-economica. Infatti, enormi masse di lavoratori, che prima erano orientati e inseriti nel comparto agricolo, s’insediano nelle città e danno luogo al vasto fenomeno dell’urbanizzazione, e s’insediano nei vari comparti industriali e assumono le vesti di salariati. La domanda dei nuovi beni di consumo cresce in modo smisurato. Si proliferano sempre di più nuove imprese agricole e industriali. Questi nuovi avvenimenti economico-sociali spingono lo scozzese Adam Smith a poggiare le basi della scienza economica scrivendo la sua opera più celebre: “La ricchezza delle nazioni…”. Pubblicata nel 1776.
Posto che in economia la teoria delle scelte è di estrema importanza, com’è influenzato Smith dal suo maestro Hume?
È importante sottolineare che la formazione filosofica, prima ancora di analizzare la sfera economica, di Adam Smith è influenzata dall’amico, prestigioso, filosofo Hume. Quest’ultimo, in ambito economico, mette al centro delle sue opere il commercio. Inoltre, nell’ambito umano dimostra la sopravalutazione della scienza e della razionalità e privilegia i sensi e i sentimenti. Infatti, dimostra le limitazioni che incontrano la scienza e la ragione, spiegando che nella coscienza popolare e soprattutto nell’uomo comune albergano passioni e pregiudizi. Hume illustra l’origine delle scelte umane. Infatti, stabilisce che in ogni essere umano, quando e procinto a compiere qualsiasi azione, s’innestano due diverse spinte: una che lo induce a ciò che risulta utile a se stesso; l’altra che lo indirizza verso un senso di compassione o simpatia. Nella prima si manifesta l’egoismo dell’uomo, mentre nella seconda l’uomo tende a immedesimarsi nella situazione altrui cercando di aiutare e rendere felice gli altri. Contribuendo, così, all’accrescimento del benessere degli altri. Dalla spiegazione dell’origine delle scelte umane, con conseguenze inintenzionali, anticipa la teoria della “mano invisibile”. Le due grandi opere di Smith, “La teoria dei sentimenti morali” e “La ricchezza delle nazioni”, ne risentono di tale influenza.
Nella prima opera di Smith, “ La Teoria dei sentimenti morali”, com’è affrontata la tematica delle concezioni morali?
Nella prima opera Smith, rifacendosi a Hume, affronta la tematica delle concezioni morali. che la utilizza per dare un’esaustiva spiegazione al processo di funzionamento del sistema economico. Dimostrando che l’uomo non è spinto unicamente dall’egoismo personale virtuale nel compiere qualsivoglia azione. Tuttavia, ogni persona è incline a un senso di simpatia. Di cui è indotta a vivere con gli altri. In questa maniera la simpatia va a mitigare l’egoismo, insito nell’animo di ogni persona, cercando di effettuare scelte piacevoli e benevoli in modo da essere accolto dagli altri. Condividendo, così, le passioni e le difficoltà altrui. Lo scopo finale è di scoprire ciò che è buono per se stessi.
È opportuno proporre un passo, famoso, della Teoria dei sentimenti morali di Smith: “Per quanto l’uomo possa essere supposto egoista, vi sono evidentemente alcuni principi nella sua natura che lo inducono a interessarsi delle sorti altrui e gli rendono necessaria l’altrui felicità, sebbene egli non ne ricavi alcunché, eccetto il piacere di costatarla".
Smith che cosa intende con l'ipotetico soggetto, "spettatore imparziale"?
Smith per dimostrare che nell’animo dell’uomo convivono in maniera non conflittuale due sensazioni, egoismo e simpatia, si avvale della famosa metafora: lo spettatore imparziale. Egli spiega che una persona prima di compiere una scelta, subentra dentro di lui un altro ipotetico soggetto spettatore imparziale che è immune di un interesse specifico ed esamina la scelta. È il classico esempio dell’uomo che risulta molto attratto dall’egoismo personale, nel compiere una determinata scelta. Quest’ultima in apparenza sembra favorevole. Tuttavia, non riesce a distinguere se tale scelta e vantaggiosa o meno, perché è fortemente desiderata, indifferentemente dal risultato che ne potrà derivare. Sarà la ragione, che funge da spettatore imparziale, a confrontare e valutare la bontà e la convenienza, nei riguardi degli interessi personali della persona, che ne deriva dall’attuazione da tale scelta.
Il prosecutore di Adam Smith fu David Ricardo. Questi due massimi esponenti dei classici in generale cosa sostengono?
Il prosecutore, in tempi successivi, fu David Ricardo autore di un’altra autorevole opera: “Principi di Economia politica e della tassazione”, pubblicata nel 1817. Questi economisti sono considerati i massimi esponenti dell’economia classica. I classici, in generale, sono sostenitori del liberalismo, o “laissez faire”. Secondo questa corrente di pensiero, la crescita e il benessere economico, di tutti i cittadini, debbano essere solo nelle mani del libero mercato. Lo Stato non deve essere interventista e deve sgomberare il campo al mercato. Infatti, quest’ultimo, da solo, attraverso i propri meccanismi di aggiustamento, la famosa “mano invisibile”, si autoregola. I classici condividono, unanimemente, la legge degli sbocchi di Say. Quest’ultima stabilisce che: ogni offerta trova sempre la sua corrispondente domanda. Per loro è importante spiegare come il sistema economico si riproduce nel tempo, creando maggiore ricchezza attraverso un flusso circolare: produzione, consumo, investimento. Tuttavia, ammettono la presenza del conflitto sociale tra forza lavoro e imprenditori. Quest’ultimo concetto ampiamente messo in luce da Ricardo nel “residuo” (ciò che rimane all’imprenditore dopo aver compensato tutti i fattori della produzione). Gli imprenditori, per incrementare il “residuo”, devono sottrarre qualcosa alla forza lavoro. Innestando, così, il conflitto sociale. In ogni caso la retribuzione deve garantire, almeno, ai lavoratori un salario di sussistenza.
Prima ancora di illustrare la Scuola marginalista o il periodo Neoclassico è opportuno delineare, nelle linee generali, le differenze con i classici.
Quali sono, allora, le divergenze d’impostazione tra le due Scuole?
Quali sono, allora, le divergenze d’impostazione tra le due Scuole?
La distribuzione della ricchezza, per i classici, resta un problema di natura politico sociale (vedasi il ragionamento apportato da Malthus di cui si rifà Ricardo per la formulazione dell’ammontare del salario di sussistenza). Per i neoclassici, ogni agente economico sarà compensato in base al contributo apportato alla produzione (produttività) ed è stabilito dalla teoria dei prezzi di mercato, in altre parole dal prezzo che nasce tra domanda e offerta. Così, si fissa il compenso del salario e degli altri fattori produttivi. Inoltre, si elimina lidea che alcuni saranno sfruttati a beneficio di altri. Quest’ultimo concetto è spiegato dal fatto che ognuno sarà retribuito in proporzione al contributo dato all’attività produttiva.
Il mercato per i classici è concepito come una serie di relazione semplice e ripetute nel tempo nei vari settori. Cosa ben diversa da parte dei neoclassici che con Marshall, invece, spiegano che il mercato è caratterizzato dalla presenza di un punto di equilibrio tra l’incontro della curva della domanda con la curva dell’offerta.
Nell’ambito dei prezzi i classici ragionano in base alla difficoltà che ne deriva dalla complessità della produzione delle merci, (Smith spiega come si passa dai prezzi di mercato, attraverso la concorrenza, ai prezzi naturali. Questi ultimi ricavati dal costo minimo di produzione dei vari beni). Al contrario per i neoclassici, invece i prezzi sono influenzati dalla scarsità delle merci e dei vincoli di bilancio e la moneta serve per facilitare gli scambi ed è considerata un fattore esogeno. Infatti, l’aumento dell’offerta di moneta provoca un aumento generale dei prezzi, inflazione, ma non altera le variabili economiche reali, l’occupazione e l’offerta aggregata.
Qual è l’opera principale di Karl Marx? A chi attacca e perché?
Karl Marx con la pubblicazione, del “Capitale”, nel 1865 attacca frontalmente la teoria della “mano invisibile” e l’intero funzionamento del sistema capitalistico. Partendo proprio dal concetto del profitto del capitalista inteso come “residuo”, formulato da Ricardo. Questo principio, a suo avviso, è la causa del conflitto sociale. Inoltre, dalla sua interpretazione dell’economia dei classici, muove delle pesanti critiche, dovute all’instabilità del mercato che non a caso lo porta verso la crisi. Quest’ultima, a suo dire, è dovuta, soprattutto, alla caduta del saggio di profitto dell’imprenditore e ai bassi consumi derivanti dalle masse lavoratrici…
Il pensiero neoclassico
Perché si sviluppa il periodo neoclassico? Chi sono i padri fondatori?
A seguito le critiche mosse al sistema capitalistico da Karl Marx, era fondamentale dare una risposta e sfidarlo attraverso una nuova teoria scientifica economica. Tuttavia, non era pensabile di rispondere apportando delle modifiche alle idee economiche sviluppate dai classici. Era necessario elaborare una nuova teoria che non entrasse in conflitto con il sistema capitalistico, anzi che fosse in armonia con esso e con il sistema economico. Fu così che nacque una nuova concezione teorica, a partire del 1870, dando luogo alla scuola neoclassica o marginalista, grazie alla pubblicazione di tre illustre opere di: Jevons, Menger e Walras tra il 1871 -1874 . Il periodo più illustre si raggiunse tra il 1870 e il 1918, dove si sviluppò il pensiero Neoclassico che divenne la scuola dominante in tutto il mondo.
Dove nasce, dove si sviluppa e chi sono i maggiori rappresentanti del pensiero neoclassico?
Il punto di partenza fu la scuola Austriaca o Viennese, con i seguenti rappresentanti: K. Carl Menger ed Eugen von Böhm-Bawerk in Austria; invece, il punto di arrivo fu rappresentato dalla scuola di Cambridge, guidata dapprima da Marshall e poi dai suoi due seguaci Pigou e keynes.
altri illustri rappresentanti sono:
G. Cassel e, per certe cose, K. Wicksell in Svezia;
M. Pantaleoni, Pareto e L. Einaudi in Italia;
J. B. Clark e I. Fisher negli Stati Uniti.
I neoclassici che si accostano all’Individualismo metodologico, come concepiscono la società?
I neoclassici, che si accostano all’Individualismo metodologico, rifiutano ogni rigoroso concetto di classe. Concepiscono la società strutturata da operatori che, a vari titoli e a funzioni differenti (imprenditori lavoratori, consumatori e risparmiatori), sono posti in un’assoluta parità. Nonostante le palesi disuguaglianze e gli squilibri presenti all’interno della società.
Quali sono i presupposti che sorreggono la Scuola neoclassica, secondo Axel Leijonhufvud?
Per capire cosa tratta una scuola di pensiero, è opportuno comprendere i presupposti su cui poggia le proprie basi, in merito alla teoria neoclassica si possono individuare:
L’Individualismo metodologico, lo strumentalismo, l’iper-razionalità, scambio-scarsità e il libero mercato.
L’analisi del singolo comportamento individuale (dell’imprenditore e del consumatore), in altre parole le scelte attuate e le conseguenze che ne derivano. Ciò, rappresenta il punto di partenza, per costruire la teoria economica.
Gli strumenti adottati si basano su previsioni immaginarie e ideali non necessariamente devono esprimere situazioni reali per risalire alla scoperta del reale funzionamento del sistema economico;
l’iper-razionalità coinvolge tutti gli operatori economici. L’imprenditore tenderà a raggiungere il massimo profitto utilizzando pienamente il concetto di razionalità e di utilità marginale dell’impiego delle risorse scarse; il consumatore si orienterà verso acquisti razionali compiendo scelte nell’ambito del vincolo delle risorse disponibili, per trarre il massimo beneficio/benessere e il risparmiatore cercherà di impiegare in maniera ottimale i suoi risparmi tra bisogni presenti e futuri. In merito allo scambio-scarsità, i singoli operatori, che operano all’interno del mercato, pongono in essere le loro contrattazioni con un comportamento molto accurato perché si trovano dinanzi a una scarsità di risorse e nello scegliere, devono valutare il costo opportunità (maggior reddito comporta più tempo da destinare al lavoro a discapito del tempo libero).
I marginalisti perché pongono al primo posto il consumatore? Come e cosa assicura, da solo, il libero mercato?
Il pensiero neoclassico pone al primo posto la sovranità del consumatore. È il consumatore a essere sovrano attraverso i suoi gusti, desideri e le scelte razionali che mette in atto per soddisfare i suoi bisogni. Il consumatore decide, così, le sorti della produzione. Il funzionamento del mercato, che permette la distribuzione dei prodotti, realizzerà l’efficienza a condizione che sia garantito regime di concorrenza perfetta in regime di libero mercato che assicura l’equilibrio.
I neoclassici come giudicano l’intervento dello Stato in economia?
L’intervento dello Stato in economia e soltanto distorsivo, perché il mercato con i suoi meccanismi funziona perfettamente, l’azione governativa può essere efficace soltanto nel breve periodo e in casi di rigidità del mercato.
Quali sono i compiti che deve assolvere lo Stato, secondo i neoclassici?
I compiti dello Stato sono: intervenire quando, nel mercato, si manifestano imperfezioni e distorsioni; eseguire la Politica economica e far sì che si evitino posizioni di monopolio; assicurare l’attuazione di una politica monetaria equilibrata. In quest’ultimo caso per evitare crisi di disoccupazione o inflazione.
La Tradizione keynesiana
All’individualismo metodologico, si contrappone il filone critico. Chi sono i principali esponenti?
È opportuno chiarire, prima di affrontare il pensiero moderno, brevemente il filone critico /collettivismo metodologico-olismo.
Gli studiosi che si accostano a questa visione sono:
T. Hobbes (1588-1679);
Malthus e altri.
Ovviamente Carlo Marx e altri suoi seguaci…
Un riguardo particolare deve essere rivolto a un gruppo di economisti che non si allineò all’idea marxista e si distaccò anche della visione individualistica, che aveva caratterizzato il pensiero neoclassico.
Questi economisti diedero luogo alla costruzione del “pensiero autonomo”:
K. Wicksell;
M. kalecki;
J.A. schumpeter;
J.M.Keynes.
Quali sono i presupposti su cui si basa il filone Critico?
Questa visione si pone in modo alternativo è totalmente all’opposto rispetto all’altro filone. Cerchiamo di capire perché l’idea dominante del filone critico vede la società suddivisa in più classi sociali e fortemente disuguale. Quest’ultimo aspetto ne deriva dal fatto che dei gruppi sociali fanno degli accordi a proprio vantaggio a discapito degli altri gruppi. Creando così delle classi privilegiati a discapito delle classi subalterne.
Da questa impostazione non è importante l’analisi del comportamento del singolo individuo, come avveniva nell’analisi individualistica, bensì ne è determinante, ammettere che la società risulta divisa in classi sociali.
Dopo aver individuato l’esistenza di classi diverse, si compie l’analisi all’interno della classe sociale per comprendere le regole e i meccanismi che la influenzano e la governano.
In conclusione si mettono in luce le disuguaglianze, i vantaggi e la subalternità tra una classe sociale e l’altra. Esempio la classe dei capitalisti-imprenditori e dei lavoratori. Dove si delineano obiettivi diversi. I primi mirano all’accumulo di ricchezza, invece i secondi tendono a soddisfare i loro bisogni attraverso il consumo. Tuttavia, è opportuno precisare che, in quest’ambito, il consumo non è posto al centro del processo economico. Infatti, i capitalisti erogano salari ai lavoratori con lo scopo di accrescere i consumi e di conseguenza la produzione e creare maggiore occupazione, all’unico fine di accrescere la loro ricchezza e di conseguenza il loro potere economico.
Chi fu il fondatore del "pensiero moderno"?
Il principale fautore del "pensiero moderno" fu Keynes che si distacco dalla dottrina tradizionale e diede luogo, insieme con altri, al pensiero autonomo. Questo cambiamento fu dovuto alla crisi del ’29. Prima anche lui poteva essere considerato un neoclassico. L’evento catastrofico lo spinse ha un’acuta riflessione sul perché e com’era possibile uscire da quella grave e irreversibile situazione economica. Infatti, nel febbraio del 1936, pubblicò la sua principale opera: “La Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta”. Grazie a quest’opera, la macroeconomia assunse un approccio sistemico più compiuto. Tale opera rappresenta le basi e lo sviluppo del pensiero moderno.
Quali furono le motivazioni che spinsero Keynes a scrivere la “Teoria generale”?
Keynes, tra i tanti correttivi che apportò al pensiero neoclassico, perché ritiene indispensabile l’intervento dello Stato in economia a differenza dei Neoclassici che erano avversi?
La visione Keynesiana apportò forti correttivi al pensiero neoclassico e spinse l’analisi della macroeconomia su un livello mai raggiunto e molto elevato. L’economista, principalmente, fu stimolato a scrivere quest’opera per dare una risposta e una soluzione alla crisi del 1929. L’opera mette in risalto come il sistema capitalistico entra in una fase di recessione e permane fino a sfociare in una vera e propria crisi-depressione che si propaga nell’intero sistema economico. Tuttavia, l’opera illustra, anche, com’è possibile uscire da un’aspirale inarrestabile di profonda crisi e quindi, la soluzione. Dunque, la legge degli sbocchi (di Say) non funzionò e la crisi del 1929 dilagò oltre oceano, radicandosi nell’intero sistema occidentale. Infatti, crollo il mercato borsistico, fallirono un numero impensabile di banche e imprese, rimasero invendute impressionanti quantitativi di merce, il commercio internazionale diminuì drasticamente e la disoccupazione colpì milioni di persone. Non s’intravedeva uno spiraglio di ripresa. Quest’ultimo era il problema più grande. Infatti, i meccanismi del funzionamento del libero mercato si bloccarono. La risposta arrivò con l’intervento dello Stato nel Sistema economico. Il Presidente degli Stati Uniti, Franklin Delano Roosevelt, nel 1932 intervenne in modo deciso. Introducendo un nuovo Piano denominato New Deal, il “nuovo corso” ispirato dalle idee di Keynes. Quest’ultimo era fermamente convinto che lo Stato avrebbe dovuto assolvere un ruolo attivo all’interno del sistema economico, come o di più di un soggetto economico. Inoltre, avrebbe dovuto essere compito dello Stato fissare gli obiettivi politico-economici, invece di rimanere neutrale e inerte com’era avvenuto prima della crisi. La teoria keynesiana ebbe successo e venne applicata in tutti i paesi occidentali. Il sistema liberista venne abbandonato da tutti gli Stati e velocemente si passò al Sistema economico a economia mista. La risposta arrivò applicando la tesi keynesiana e si passo dalla finanza neutrale alla finanza funzionale… E quindi maggiore spesa pubblica finanziata con il disavanzo del bilancio.
La Sintesi neoclassica del pensiero keynesiano/New Economics – la versione neoclassica dell’economia Keynesiana (Hicks e Hansen famosi per il celebre modello IS-LM).
Hicks, immediatamente dopo la pubblicazione della teoria generale, si propose di adattare la teoria keynesiana al modello neoclassico. Perché lo fece?
Hicks comprese fin da subito il grande valore dell’opera di Keynes. Tuttavia, capì che era importante tradurre i ragionamenti apportati da Keynes, volutamente con l’uso di un linguaggio comune, in grafici, equazioni e formule matematiche. In questa maniera le nuove conoscenze potevano essere proposte in campo accademico. Infatti, a distanza di un anno pubblicò un saggio dove fece una trasposizione della versione keynesiana sulla scuola tradizionale. Applicò i correttivi apportati da Keynes al pensiero neoclassico e all’equilibrio generale di Walras.
Quali sono i punti di divergenza più accesi tra il pensiero keynesiano e i neoclassici? Come mediò Hicks per far nascere la Sintesi?
I punti di divergenza sono riconducibili nei seguenti aspetti:
La domanda di moneta
Per Keynes la caduta dell’occupazione e l’aspirale della crisi si manifesta quando il saggio atteso del rendimento degli investimenti sul capitale fisso si abbassa; le aspettative di guadagno degli imprenditori nell’economia reale sono insoddisfacenti, inoltre si propaga nei vari settori economici l’incertezza e il pessimismo.
I capitalisti rallentano gli investimenti reali e trovano conveniente spostare le loro ricchezze sulla merce moneta che assicura un compenso maggiore e consente un accrescimento ulteriore dei loro averi. Lo scopo a cui sono diretti gli imprenditori capitalisti è l’accumulo di ricchezza. In questa maniera accrescono le loro scorte liquide giustificate dal solo valore di scambio.
Hicks, per evitare la discordia con i neoclassici, considera la moneta come un qualsiasi bene di consumo caratterizzato dall’utilità marginale decrescente e, così, mette d’accordo i due pensieri. Infatti, gli imprenditori si comportano in modo razionale e domandano moneta con riferimento all’utilità marginale decrescente. Secondo Hicks gli imprenditori-capitalisti nell’aumentare le loro scorte liquide traggono utilità presente e futura, a differenza di Keynes che percepisce l’accumulo di liquidità come maggior valor di scambio.
Per Keynes ciò non trova un limite e la trappola della liquidità e qualcosa d’insito al sistema capitalistico.
Hicks, paragonando la moneta come un qualsiasi bene di consumo, precisa che la domanda di moneta tenderà a crescere ma non in modo infinitesimo. Infatti, per la regola dell’utilità marginale, decrescerà e la trappola della liquidità sarà qualcosa di occasionale e transitorio.
Risparmi e investimenti
Secondo la visione keynesiana gli investimenti non dipendono dai risparmi, sono autonomi. Il ragionamento che si pongono gli imprenditori nel compiere gli investimenti è principalmente uno, si riuscirà a vendere i prodotti che si realizzeranno da tale investimento? Se l’imprenditore si convince che la domanda di beni prodotti sarà assopita e se il saggio marginale del capitale sarà superiore al tasso d’interesse, l’investimento si farà.
In ogni caso, non deve essere sottovalutata la componente psicologica, di cui risulta legata all’incertezza del futuro. Quest’ultima strettamente connessa con le ondate di ottimismo e di pessimismo, Stuart Mill, dove gli imprenditori sono più propensi o meno propensi a investire. Invece, gli imprenditori che producono i beni d’investimento si orientano su una potenziale domanda da parte degli altri imprenditori disposti a domandare tali beni a fecondità ripetuta.
È fondamentale capire chi finanzia gli investimenti.
Per i neoclassici il volume degli investimenti è totalmente finanziato dal risparmio. Quindi, se dal risparmio si finanziano tutti gli investimenti, deve esistere una perfetta uguaglianza in qualsiasi momento. Ciò comporta due cose: che il reddito percepito dagli operatori viene interamente destinato all’acquisto di beni di consumo e indirettamente, tramite il mercato dei titoli, all’acquisto di beni d’investimento, ristabilendo l’intramontabile legge degli sbocchi. Lo scambio è concepito come un grande baratto. Vedasi il circuito economico proposto da F. H. Knight. Da Ciò si evince che l’offerta di moneta è concepita come una grandezza esogena nel sistema economico. Per ristabilire la piena occupazione è sufficiente manovrare i salari reali; il secondo aspetto è che ognuno si appropria, equamente, di una parte della ricchezza, in base al contributo apportato, e, all’interno del sistema economico, si afferma, anche, la giustizia distributiva tra i percettori della ricchezza.
Secondo Keynes in parte ciò non trova conferma. Infatti, è in dubbio che i risparmiatori acquistano, nel mercato dei titoli, obbligazioni e azioni che vanno a finanziare e acquistare indirettamente il volume degli investimenti effettuato dagli imprenditori. Tuttavia, i risparmiatori possono decidere di non convertire la loro liquidità in titoli. E allora, per quella parte, chi finanzia gli investimenti degli imprenditori se non i risparmiatori? Il credito bancario.
Si può notare che il correttivo apportato da Keynes al pensiero neoclassico sta nel fatto che l’uguaglianza tra risparmi e investimenti ex ante non è garantita, invece lo è ex post. Per Keynes prima vengono gli investimenti e dopo si ottiene il risparmio. Invece, per i neoclassici è esattamente al contrario prima si forma il risparmio e dopo ci saranno gli investimenti e l’uguaglianza è sempre garantita.
Hicks, nel formulare la sintesi, applica una mediazione su queste due diverse posizioni.
La domanda effettiva
Keynes condivide, nell’ambito del mercato del lavoro, certi aspetti con i neoclassici (il salario reale coincide con la produttività marginale del lavoro; stabiliti e invariati tutti i fattori della produzione, la produttività marginale del lavoro decresce all’aumentare del numero dei lavoratori occupati) in ogni caso, puntualizza che il numero degli occupati dipende dalla “domanda effettiva”. Infatti, secondo lui, il numero di lavoratori da impiegare dipende dal quantitativo di domanda di merci richiesta dal mercato, ovvero dalle vendite effettive che le imprese potranno effettuare. L’aumento della disoccupazione è generato dalla caduta della domanda. Per combattere il fenomeno bisogna agire dal lato della domanda, accrescendola quando è bassa. Questo presupposto rappresenta il cardine della teoria keynesiana che si contrappone nettamente alla legge di Say. Inoltre, per costruire l’equilibrio generale dei mercati macroeconomici, egli parte dalla domanda e non più dal mercato del lavoro come facevano i neoclassici.
Hicks condivide il ragionamento della “domanda effettiva”, sostenuta da Keynes, ma solo nel breve periodo e l’azione governativa (correttiva) è giustificata per far raggiungere più rapidamente l’equilibrio “naturale” al mercato. Invece, secondo quest’ultimo nel lungo periodo il mercato raggiunge autonomamente l’equilibrio “naturale” di piena occupazione.
Chi sono stati i Neokeynesiani che hanno contribuito a creare la sintesi nel corso del tempo?
La sintesi che va a codificare il pensiero keynesiano nella tradizione neoclassica avviene gradualmente nel tempo e i fautori principali, di tale aggiornamento, sono stati: i primi Hicks e Hansen, poi Modigliani, Patinkin, Tobin e di recente Blanchard.
Agli economisti della sintesi, fin da subito, chi si sono opposti?
I postkeynesiani attaccando, nettamente, la sintesi neoclassica e considerandola impropria e fuorviante dalle idee keynesiane.
Perché, in macroeconomia, al modello IS-LM viene attribuita una grande rilevanza?
Il modello è utilizzato per le appropriate forme di politiche economiche sia da parte dell’azione governativa, sia dalle banche centrali dei vari Paesi. In modo da influire sulla domanda globale e regolare il ciclo economico, accostando il reddito effettivo al reddito potenziale. È opportuno esaminare il modello IS-LM e porre dei quesiti e poi dare delle risposte in merito all’analisi dei vari parametri che provocano delle variazioni in aumento e in diminuzione del reddito nazionale.
Per comprendere in modo proficuo il grafico, IS – LM, cosa è necessario fare?
È opportuno analizzare cosa succede quando si verifica una variazione in ogni singolo parametro e verificare le trasposizioni che subiscono le due curve: in alto, verso il basso, a destra e a sinistra.
Poniamo delle domande in merito alla variazione dei vari parametri:
1) Che cosa succede se aumenta o diminuisce la propensione al consumo? Quale curva si sposta e verso dove?
2) Che cosa determina una variazione in diminuzione o in aumento dell’aliquota delle imposte?
3) L’incremento o la diminuzione della propensione all’importazione cosa genera?
4) Cosa si verifica al variare degli elementi autonomi della domanda, (consumo autonomo o di sussistenza, spesa pubblica esportazioni e investimenti)?
5) Se aumenta o di minuisce la propensione alla liquidità cosa accade? Quale curva subisce delle trasposizioni e verso dove?
6) Che cosa può accadere se aumenta o diminuisce la quantità di moneta?
Che effetti provocano sul reddito le varie variazioni dei quesiti in riferimento al mecato dei beni e al mercato della moneta?
Bisogna distinguere quali di questi parametri produce degli effetti nel mercato dei beni e nel mercato della moneta. e quando sono espansivi, che segno riportano nei confronti del reddito e che tipo di trasposizioni subiscono le due curve (IS-LM).
Riepilogando, per dare una risposta ai quesiti, quando si parla di effetti espansivi in Economia?
Sono effetti espansivi, e provocano un aumento del reddito e quindi una trasposizione della curva IS verso l’alto e a destra (mercato reale dei beni), ogni volta che si ha: un aumento della propensione al consumo, un calo dell’aliquota delle imposte, una diminuzione della propensione alle importazioni un aumento degli investimenti e del consumo autonomo, un aumento della spesa pubblica e l’aumento della propensione alle esportazioni.
Sono effetti espansivi, e provocano un aumento del reddito e quindi una trasposizione della curva LM verso il basso e a destra (mercato della moneta), ogni volta che si ha: una diminuzione della propensione alla liquidità, un aumento di moneta nel sistema economico.
Come si può notare nel mercato dei beni le variazioni che subiscono il reddito e il tasso d’interesse si muovono sulla medesima direzione (se cresce il reddito, cresce il taso d’interesse), invece nel mercato della moneta avviene il contrario, se diminuisce il tasso d’interesse, aumenta il reddito, quindi le variazioni apportate nel mercato della moneta sono opposte (interesse-reddito).
Il monetarismo e la nuova macroeconomia classica (Milton Friedman principale esponente della scuola di Chicago, Premio Nobel per l’economia nel 1976).
Dove si sviluppa la Scuola monetarista? Perché nasce questa nuova teoria economica? Chi è il fondatore?
La Scuola monetarista si sviluppa presso l’università di Chicago. Il monetarismo nasce in contrapposizione alla tradizione keynesiana. Il grave fenomeno economico, che da luogo a un nuovo corso nel pensiero economico, è la stagflazione e l’invalidità della curva di Philips.
Infatti, Milton Friedman, il fondatore del monetarismo, da questi due aspetti contrappone i suoi lavori alla Tradizione keynesiana che era stata la Scuola dominante.
Come si sviluppa il monetarismo?
La dottrina Monetarista prende corpo grazie a due lavori condotti da Milton Friedman: “La Storia monetaria degli Stati Uniti” svolto assieme ad Anna Schwartz; il secondo lavoro, invece, lo portò avanti con David Mieselman e tendeva a misurare la stabilità della velocità di circolazione della moneta negli USA. Entrambi i lavori sono da considerarsi di natura empirica.
La scuola monetarista a quale teoria economica tende ad accostarsi?
La nuova teoria economica è incardinata sugli schemi dei risultati perseguiti della scuola tradizionale dei neoclassici. Tuttavia, la dottrina monetarista si differenzia, dalla precedente, per l’analisi e i metodi adottati nell’ambito della ricerca per costruire il modello economico. Inoltre tiene conto degli apporti della tradizione Keynesiana, ma è avversa alle innovazioni apportate da Keynes in Macroeconomia. Le linee fondamentali su cui si basa la Scuola tradizionale neoclassica, che coincidono con la scuola monetarista, sono: il sistema economico, di regola, raggiunge da solo e con i suoi meccanismi, la piena occupazione e quindi l’equilibrio; la moneta è vista come un fattore esogeno e quindi assume una posizione di neutralità.
Quali sono gli ambiti di approfondimento del monetarismo?
Per comprendere come è strutturata tale teoria, si deve fare riferimento al ragionamento posto in essere dai monetaristi in merito all’offerta di moneta che rappresenta il punto di partenza e la domanda di moneta. Infatti, i monetaristi si distaccano e si contrappongono a Wickisell e ad altri che come lui stabiliscono che la quantità di moneta è in funzione dai finanziamenti richiesti dagli imprenditori al sistema bancario e che l’inflazione deriva di un eccesso di domanda di beni d’investimento.
Allora, da che cosa dipende l’offerta di moneta secondo i monetaristi?
I monetaristi si rifanno alla teoria quantitativa della moneta formulata da Fisher, una delle più semplice e immediate. Inoltre, prendono in esame il moltiplicatore dei depositi bancari e infine analizzano approfonditamente, oltre alla moneta creata dalle banche anche l’offerta di moneta crescente in funzione al tasso d’interesse. In tutti e tre i casi, per i monetaristi non è importante l’analisi superficiale o analitica dell’offerta di moneta, ma è di fondamentale importanza considerare l’offerta di moneta come un fattore esogeno che non può influire su altre variabile della macroeconomia.
Cosa accade quando c’è una caduta della domanda globale?
Posto il fatto che la moneta gioca un ruolo esogeno rispetto al mercato, se si accentua la disoccupazione e il ciclo economico tende verso una fase avversa, i monetaristi seguono il ragionamento dei neoclassici. Ovvero: si verifica una diminuzione della domanda globale, le autorità monetarie lasciano invariato il livello dell’offerta di moneta; nel sistema economico si crea un eccesso di liquidità che porta verso una diminuzione del livello generale dei prezzi monetari. Quest’accumulo di scorte liquide reali porta verso una maggiore domanda di beni reali e titoli. Ciò comporta la ripresa della domanda globale, grazie ai meccanismi automatici insiti nel libero mercato.
Qual è la visione dei monetaristi al riguardo della domanda di moneta rispetto alla tradizione keynesiana?
I monetaristi contestano la domanda di moneta speculativa formulata da Keynes riguardo agli imprenditori capitalisti. Questi ultimi, secondo Keynes, tendono ad aumentare la domanda di moneta solo allo scopo di accrescere le loro ricchezze, in quanto, ci sono dei precisi momenti in cui la forma liquida concede profitti più elevati rispetto all’economia reale. Ecco perché gli imprenditori prediligono spostare le loro risorse liquide dall’economia reale verso l’economia monetaria. Secondo i monetaristi è ingiusto non tenere conto dell’utilità immediata e del fatto che la liquidità serve agli imprenditori anche per lo svolgimento dell’attività economica. Inoltre, come i neoclassici pure i monetaristi rifiutano l’analisi economica per classe sociale e si basano sull’individualismo metodologico stabilendo che ogni soggetto assolve funzioni diverse: imprenditori, lavoratori, risparmiatori, consumatori e ciascuno, razionalmente tende a massimizzare il proprio benessere.
Perché secondo i monetaristi la domanda di scorta di moneta domandata da qualsiasi operatore economico si basa sul concetto di utilità immediata?
secondo i monetaristi, indifferentemente dalle diverse attività svolte, i soggetti economici sono tutti omogenei. Infatti, le scorte liquide domandate sia dai lavoratori-consumatori e sia dagli imprenditori lo scopo è massimizzare la loro utilità immediata: in base alle loro preferenze e al calcolo convenienza dell’impiego dei loro risparmi in varie forme di ricchezza.
Differenze tra i monetaristi e i keynesiani
Secondo i monetaristi come si ottiene la piena occupazione?
Per i monetaristi la piena occupazione si ottiene quando il livello dei prezzi è stabile e non sono presenti spinte inflazionistiche o deflazionistiche. Siccome, la spinta inflazionistica parte quasi sempre dal mercato del lavoro, in merito all’aumentare dei salari, se i salari sono stabili, significa che la domanda e l’offerta di lavoro sono uguali; nonostante i lavoratori non siano tutti occupati. Ciò risulta dimostrato dalla ricerca empirica fatta da Milton Friedman. Egli dimostra che a una certa stabilità dei prezzi era presente una certa percentuale di disoccupazione. È opportuno distinguere la piena occupazione in senso tecnico (tutti i lavoratori sono occupati, tuttavia, ciò comporta un continuo aumento dei prezzi dei salari e quindi spinte inflazionistiche) dalla piena occupazione in senso economico (quando si ha l’uguaglianza tra domanda e offerta di lavoro, in presenza di una certa percentuale di lavoratori disoccupati, ma stabilità nei prezzi dei salari).
Secondo i monetaristi come fa il mercato, attraverso i suoi meccanismi interni, a garantirsi una certa stabilità?
I monetaristi sostengono che l’economia di mercato ha una certa stabilità. Infatti, se si ha una diminuzione della domanda globale di conseguenza, comporta un aumento della disoccupazione. Tuttavia, il mercato con i suoi meccanismi riesce a riequilibrarsi nel seguente modo: cade la domanda globale aumenta la disoccupazione, di conseguenza diminuiscono i prezzi dei beni e dei salari; nel sistema economico, fermo restando il quantitativo di moneta in circolazione, si generano due condizioni: meno beni reali e maggiore scorta liquida (prezzi più bassi, quindi si possono acquistare più beni). È evidente che la diminuzione dei prezzi comporta un maggiore quantitativo di acquisto di beni, dovuto non solo all’eccesso delle scorte liquide, ma per via del comportamento razionale del consumatore. Ciò continuerà fin quando i prezzi non si stabilizzeranno (piena occupazione) e la domanda globale ritornerà al suo equilibrio spontaneamente.
Raffronto tra la Sintesi neoclassica (Hicks-Hansen) e i monetaristi in merito ai mutamenti, delle variabili macroeconomiche, apportate dal mercato della moneta verso il mercato reale.
Le due teorie sono concordi nel stabilire che il mercato possiede i propri meccanismi interni per assicurarsi un corretto funzionamento?
Sì, entrambe le teorie economiche sono dell’avviso che il mercato con i suoi fattori endogeni riesce a riequilibrarsi e trovare un punto di equilibrio accostandosi al reddito potenziale.
Il modello adottato dalla sintesi neoclassica su che cosa si basa?
Il modello adottato da Hicks si basa su presupposti diversi e impiega una procedura più complessa e meno immediata, in termini di tempo, e più aderente al mondo pragmatico, rispetto ai monetaristi.
Cosa provoca la diminuzione della domanda globale?
Secondo Hicks la caduta della domanda globale provoca un aumento della disoccupazione e la diminuzione dei prezzi dei beni. Quest’ultimo aspetto genera un aumento della quantità reale di moneta in mano agli operatori. Questi ultimi la utilizzano per l’acquisto di titoli, provocando, così, un aumento della domanda dei titoli e del loro valore. A sua volta, ciò porta a un abbassamento del tasso d’interesse. Quest’ultimo risultato induce gli imprenditori a investire maggiormente, facendo accrescere la domanda globale e provocando effetti moltiplicativi sul reddito. Tale meccanismo mette in moto l’aumento della domanda accostandola verso il reddito potenziale e di conseguenza verso la piena occupazione.
Il processo sopra descritto è immediato ed è sempre garantito?
Questo processo richiede tempo e manifesta delle incertezze, soprattutto, nella fase di depressione e quando il tasso d’interesse e relativamente basso.
I monetaristi come procedono?
Il ragionamento dei monetaristi è più semplice. Per loro il diminuire dei prezzi dei beni, a seguito la caduta della domanda globale, comporta automaticamente l’aumento d’acquisto di beni. Perché, la diminuzione dei prezzi provoca un incremento delle scorte reali liquide; siccome, i consumatori si comportano in modo razionale, traducono quest’aumento di moneta reale in un maggiore acquisto di beni.
Come compiono l’analisi economica per sviluppare la teoria economica, le due scuole di pensiero?
In merito all’analisi economica e la formulazione della teoria economica, i monetaristi adottano il criterio dell’individualismo metodologico.
I keynesiani, al contrario, individuano la società divisa in classi sociali: i capitalisti e i lavoratori.
Il reddito com’è impiegato secondo i keynesiani?
Questi ultimi intravedono due fasi di utilizzo del reddito. In un primo momento, il soggetto economico sceglie quanto reddito destinare al consumo. In un secondo momento la parte rimanente è ripartita scegliendo tra l’aumento di scorte liquide e l’acquisto di titoli.
Poniamo che il reddito resta invariato, invece varia la quantità di moneta disponibile rispetto a prima, cosa accade secondo i keynesiani?
È fondamentale verificare cosa accade quando il reddito resta invariato, mentre accresce la quantità di moneta disponibile o per la caduta della domanda e quindi a seguito la diminuzione dei prezzi dei beni si ha maggiori scorte di moneta reale o le Autorità monetarie decidono di stampare più moneta. In entrambi i casi, secondo i keynesiani, la quantità maggiore di moneta può esercitare un influsso positivo nei confronti dell’economia reale.
Come?
Questa maggiore quantità di moneta, rispetto a prima, induce i risparmiatori a incrementare la domanda dei titoli. Di conseguenza, ciò porta verso un ribasso del tasso d’interesse. Le imprese, con un tasso d’interesse più basso, sono propense ad aumentare il volume degli investimenti. accrescendo così la domanda globale. Quest’ultima è stata modificata non dal reddito, che è rimasto immutato, ma dal mercato dei titoli e del variare del tasso d’interesse grazie a un determinato aumento della quantità di moneta rispetto a prima.
Perché In merito allo stesso aspetto i monetaristi assumono una posizione diversa?
I monetaristi ragionano in modo diverso. Secondo la Scuola monetarista è da rifiutare l’analisi economica compiuta all’interno della classe sociale, perché e fuorviante pensare che la società risulti suddivisa in classi sociali. Invece, è fondamentale analizzare il singolo operatore e trarre le conclusioni e formulare le leggi economiche da suffragare all’interno del sistema economico, poiché gli operatori sono razionali e si uniformano nei comportamenti.
Allora cosa propongono i monetaristi in merito alla ripartizione del reddito?
Secondo i monetaristi, in merito alla ripartizione del reddito, non è corretto pensare che il reddito sia ripartito su due momenti diversi, come ragionano i keynesiani, ma le decisioni di come utilizzare l’impiego dell’intero reddito avviene tutto simultaneamente. Infatti, congiuntamente il soggetto economico decide quanto reddito deve essere destinato al consumo (per l’acquisto di beni di consumo immediato e durevoli) e quanto deve essere destinato al risparmio (liquidità, titoli e investimenti nel patrimonio reale).
Poniamo che il reddito resta invariato, invece varia la quantità di moneta disponibile rispetto a prima, cosa accade secondo i monetaristi?
Per i monetaristi se varia la quantità di moneta sia perché le Autorità decidono di aumentare la quantità di moneta, sia perché i prezzi sono diminuiti è il quantitativo di moneta reale disponibile degli operatori è aumentato tutto cambia. Non solo si modifica il mercato dei titoli e il tasso d’interesse come evincono i keynesiani, ma va a cambiare ogni altra variabile della macroeconomia. Ciò perché, la scelta avviene simultaneamente e non in fasi diverse. L’operatore non solo acquisterà titoli, ma ha anche la possibilità di acquistare beni di diversa natura e quindi agisce su tutti i mercati e non solo sul mercato dei titoli e della liquidità.
Secondo i monetaristi come si ottiene la piena occupazione?
Per i monetaristi la piena occupazione si ottiene quando il livello dei prezzi è stabile e non sono presenti spinte inflazionistiche o deflazionistiche. Siccome, la spinta inflazionistica parte quasi sempre dal mercato del lavoro, in merito all’aumentare dei salari, se i salari sono stabili, significa che la domanda e l’offerta di lavoro sono uguali; nonostante i lavoratori non siano tutti occupati. Ciò risulta dimostrato dalla ricerca empirica fatta da Milton Friedman. Egli dimostra che a una certa stabilità dei prezzi era presente una certa percentuale di disoccupazione. È opportuno distinguere la piena occupazione in senso tecnico (tutti i lavoratori sono occupati, tuttavia, ciò comporta un continuo aumento dei prezzi dei salari e quindi spinte inflazionistiche) dalla piena occupazione in senso economico (quando si ha l’uguaglianza tra domanda e offerta di lavoro, in presenza di una certa percentuale di lavoratori disoccupati, ma stabilità nei prezzi dei salari).
Secondo i monetaristi come fa il mercato, attraverso i suoi meccanismi interni, a garantirsi una certa stabilità?
I monetaristi sostengono che l’economia di mercato ha una certa stabilità. Infatti, se si ha una diminuzione della domanda globale di conseguenza, comporta un aumento della disoccupazione. Tuttavia, il mercato con i suoi meccanismi riesce a riequilibrarsi nel seguente modo: cade la domanda globale aumenta la disoccupazione, di conseguenza diminuiscono i prezzi dei beni e dei salari; nel sistema economico, fermo restando il quantitativo di moneta in circolazione, si generano due condizioni: meno beni reali e maggiore scorta liquida (prezzi più bassi, quindi si possono acquistare più beni). È evidente che la diminuzione dei prezzi comporta un maggiore quantitativo di acquisto di beni, dovuto non solo all’eccesso delle scorte liquide, ma per via del comportamento razionale del consumatore. Ciò continuerà fin quando i prezzi non si stabilizzeranno (piena occupazione) e la domanda globale ritornerà al suo equilibrio spontaneamente.
Raffronto tra la Sintesi neoclassica (Hicks-Hansen) e i monetaristi in merito ai mutamenti, delle variabili macroeconomiche, apportate dal mercato della moneta verso il mercato reale.
Le due teorie sono concordi nel stabilire che il mercato possiede i propri meccanismi interni per assicurarsi un corretto funzionamento?
Sì, entrambe le teorie economiche sono dell’avviso che il mercato con i suoi fattori endogeni riesce a riequilibrarsi e trovare un punto di equilibrio accostandosi al reddito potenziale.
Il modello adottato dalla sintesi neoclassica su che cosa si basa?
Il modello adottato da Hicks si basa su presupposti diversi e impiega una procedura più complessa e meno immediata, in termini di tempo, e più aderente al mondo pragmatico, rispetto ai monetaristi.
Cosa provoca la diminuzione della domanda globale?
Secondo Hicks la caduta della domanda globale provoca un aumento della disoccupazione e la diminuzione dei prezzi dei beni. Quest’ultimo aspetto genera un aumento della quantità reale di moneta in mano agli operatori. Questi ultimi la utilizzano per l’acquisto di titoli, provocando, così, un aumento della domanda dei titoli e del loro valore. A sua volta, ciò porta a un abbassamento del tasso d’interesse. Quest’ultimo risultato induce gli imprenditori a investire maggiormente, facendo accrescere la domanda globale e provocando effetti moltiplicativi sul reddito. Tale meccanismo mette in moto l’aumento della domanda accostandola verso il reddito potenziale e di conseguenza verso la piena occupazione.
Il processo sopra descritto è immediato ed è sempre garantito?
Questo processo richiede tempo e manifesta delle incertezze, soprattutto, nella fase di depressione e quando il tasso d’interesse e relativamente basso.
I monetaristi come procedono?
Il ragionamento dei monetaristi è più semplice. Per loro il diminuire dei prezzi dei beni, a seguito la caduta della domanda globale, comporta automaticamente l’aumento d’acquisto di beni. Perché, la diminuzione dei prezzi provoca un incremento delle scorte reali liquide; siccome, i consumatori si comportano in modo razionale, traducono quest’aumento di moneta reale in un maggiore acquisto di beni.
Come compiono l’analisi economica per sviluppare la teoria economica, le due scuole di pensiero?
In merito all’analisi economica e la formulazione della teoria economica, i monetaristi adottano il criterio dell’individualismo metodologico.
I keynesiani, al contrario, individuano la società divisa in classi sociali: i capitalisti e i lavoratori.
Il reddito com’è impiegato secondo i keynesiani?
Questi ultimi intravedono due fasi di utilizzo del reddito. In un primo momento, il soggetto economico sceglie quanto reddito destinare al consumo. In un secondo momento la parte rimanente è ripartita scegliendo tra l’aumento di scorte liquide e l’acquisto di titoli.
Poniamo che il reddito resta invariato, invece varia la quantità di moneta disponibile rispetto a prima, cosa accade secondo i keynesiani?
È fondamentale verificare cosa accade quando il reddito resta invariato, mentre accresce la quantità di moneta disponibile o per la caduta della domanda e quindi a seguito la diminuzione dei prezzi dei beni si ha maggiori scorte di moneta reale o le Autorità monetarie decidono di stampare più moneta. In entrambi i casi, secondo i keynesiani, la quantità maggiore di moneta può esercitare un influsso positivo nei confronti dell’economia reale.
Come?
Questa maggiore quantità di moneta, rispetto a prima, induce i risparmiatori a incrementare la domanda dei titoli. Di conseguenza, ciò porta verso un ribasso del tasso d’interesse. Le imprese, con un tasso d’interesse più basso, sono propense ad aumentare il volume degli investimenti. accrescendo così la domanda globale. Quest’ultima è stata modificata non dal reddito, che è rimasto immutato, ma dal mercato dei titoli e del variare del tasso d’interesse grazie a un determinato aumento della quantità di moneta rispetto a prima.
Perché In merito allo stesso aspetto i monetaristi assumono una posizione diversa?
I monetaristi ragionano in modo diverso. Secondo la Scuola monetarista è da rifiutare l’analisi economica compiuta all’interno della classe sociale, perché e fuorviante pensare che la società risulti suddivisa in classi sociali. Invece, è fondamentale analizzare il singolo operatore e trarre le conclusioni e formulare le leggi economiche da suffragare all’interno del sistema economico, poiché gli operatori sono razionali e si uniformano nei comportamenti.
Allora cosa propongono i monetaristi in merito alla ripartizione del reddito?
Secondo i monetaristi, in merito alla ripartizione del reddito, non è corretto pensare che il reddito sia ripartito su due momenti diversi, come ragionano i keynesiani, ma le decisioni di come utilizzare l’impiego dell’intero reddito avviene tutto simultaneamente. Infatti, congiuntamente il soggetto economico decide quanto reddito deve essere destinato al consumo (per l’acquisto di beni di consumo immediato e durevoli) e quanto deve essere destinato al risparmio (liquidità, titoli e investimenti nel patrimonio reale).
Poniamo che il reddito resta invariato, invece varia la quantità di moneta disponibile rispetto a prima, cosa accade secondo i monetaristi?
Per i monetaristi se varia la quantità di moneta sia perché le Autorità decidono di aumentare la quantità di moneta, sia perché i prezzi sono diminuiti è il quantitativo di moneta reale disponibile degli operatori è aumentato tutto cambia. Non solo si modifica il mercato dei titoli e il tasso d’interesse come evincono i keynesiani, ma va a cambiare ogni altra variabile della macroeconomia. Ciò perché, la scelta avviene simultaneamente e non in fasi diverse. L’operatore non solo acquisterà titoli, ma ha anche la possibilità di acquistare beni di diversa natura e quindi agisce su tutti i mercati e non solo sul mercato dei titoli e della liquidità.
La nuova macroeconomia classica
Da sviluppare...
LA MACROECONOMIA
Quali sono i principali mercati della Macroeconomia?
1) Il mercato dei beni (o mercato reale, prende in esame il valore complessivo dei beni, distinguendo beni di consumo e beni d’investimento);
2) il mercato del lavoro (la macroeconomia individua le cause che determinano la maggiore occupazione e la disoccupazione);
3) il mercato della moneta (la macroeconomia spiega l’offerta di moneta - banca centrale BCE, per l’Euro - e la domanda di moneta - domandata dagli operatori economici - e come la domanda/offerta influenza sia il livello dei prezzi, sia il saggio degli interessi. Infatti, un aumento domanda/offerta di moneta provoca una ripercussione sul livello dei prezzi e sul saggio degli interessi);
4) il mercato dei titoli (offerta e domanda di titoli pubblici e privati)
4) il mercato dei titoli (offerta e domanda di titoli pubblici e privati)
Qual è il compito della Macroeconomia?
La Macroeconomia non ha solo il compito di individuare quali sono le variabili e la loro consistenza, ma spiegare i legami che intercorrono tra loro all’interno di un sistema economico e quindi formulare un modello, in riferimento alla teoria economica... Il modello non è altro che una rappresentazione semplificata della realtà.
Esaminiamo sinteticamente le principali variabili dell’economia
Che cos’è il Pil?
È un numero, espresso in valore monetario, che permette di conoscere, alla fine dell’anno, il risultato ottenuto dal sistema economico nel suo complesso.
Come si calcola il Pil?
Ci sono tre metodi diversi, di calcolo, per ottenere il valore del Pil che portano tutti al medesimo risultato:
• valori dei beni finali (quantità dei beni e servizi finali per i prezzi);
• la somma dei valori aggiunti dalle imprese (valore della produzione, delle imprese, meno i beni intermedi-materie prime- utilizzati per ottenere la produzione);
• la somma dei redditi delle famiglie ( posto che ci sono due tipi di famiglie: le famiglie dei lavoratori che percepiscono il salario, gli imprenditori percepiscono i profitti; sommando i redditi di questi due soggetti si ottiene il Pil). Pil = salari +utili lordi, in un’economia chiusa. Quindi non è altro che il reddito interno lordo.
Come può essere analizzato il Pil?
• a prezzi correnti
prezzi dell’anno in corso moltiplicati per le quantità di ogni bene o servizio finale = (si ottiene il PIL nominale);
• a prezzi costanti
le quantità di ogni prodotto moltiplicate per i prezzi che le merci avevano in un certo anno base, esempio siamo al 2018 e facciamo riferimento ai prezzi del 2016 e confrontiamo il PIL nel corso dei tre anni = 2016-2017-2018 (si ottiene il PIL reale);
Qual è la formula del Pil dal lato della spesa?
Pil = C+I+G+E-M
Come si passa dal Pil/ al PNL/RNL?
Semplice! Al Pil basta sommare o sottrarre i redditi netti dall’estero/redditi primari- (voce che si ricava dalle partite correnti della Bilancia dei pagamenti); IL Pil ≤ > PNL/RNL (dipende dal saldo della Bilancia dei pagamenti riferito ai redditi primari o redditi netti dall’estero).
La domanda aggregata
da sviluppare...
I bisogni umani da chi possono essere soddisfatti?
Dal mercato, dallo Stato e dal terzo settore.
All’interno del sistema economico convivono due entità diversi e contrapposti sugli intenti, ma complementari: da un lato lo Stato e dall’altro il mercato. Tuttavia, dai primi anni degli anni novanta, a causa dei fallimenti del mercato e dei fallimenti delle politiche pubbliche/sociali, ha fatto la sua comparsa e si è aggiunto, ai primi due , il terzo settore. Quest’ultimo si è sviluppato, in maniera massiccia in quest’ultimi decenni, allo scopo di fronteggiare e sopperire gli ulteriori bisogni, avvertiti da una parte della Comunità, che rimanevano insoddisfatti.
Quali sono le ragioni che giustificano l’intervento pubblico nel sistema economico?
In primo luogo, lo Stato è chiamato ad assolvere il suo compito istituzionale: assicurare il funzionamento del mercato (i pubblici poteri devono stabilire la proprietà, garantire il rispetto dei contratti, assicurare l’ordine pubblico, la giustizia, la difesa esterna, le infrastrutture e svolgere l’attività legislativa per regolare al meglio le relazioni che intercorrono tra gli operatori economici, esempio: contratto di lavoro tra impresa-Stato-famiglia; tributi: Stato-famiglia-impresa).
Inoltre, con riferimento agli articoli 2- 3- 4 e seguenti della Costituzione l'azione governativa è titolata a intervenire in ambito economico per i seguenti casi:
a) far fronte ai fallimenti del mercato per causa della presenza di: concentrazione dell’offerta, beni pubblici, esternalità e asimmetrie informative;
b) attenuare le altalenanti fasi dell’andamento del ciclo economico, dovute principalmente alle fluttuazioni della domanda globale, allo scopo di: accrescere il reddito nazionale, diminuire la disoccupazione e stabilizzare i prezzi, politica economica: monetaria e di bilancio. Tutto ciò con riferimento all'art. 4 della Cost: principio lavorista e intervento dello stato in economia, che disegna il Sistema economico a economia mista.
c) redistribuire le risorse, siccome la Collettività ritiene ingiusta l’allocazione efficiente raggiunta dal mercato, si cerca di riportare a maggiore equità e giustizia sociale la distribuzione del reddito, allo scopo di diminuire la forte sperequazione dei redditi e attenuare la disuguaglianza, presente all’interno della società. Tutto ciò avviene in ottemperanza dell'art.3 comma 2, ("...Rimuovere gli ostacoli dei più deboli") dell'art.2 (contiene il Principio di sussidiarietà...) e dell'art 53 della Cost. (prelievo coattivo della ricchezza prodotta e trasferita, pagamento dei tributi). Tuttavia, per mettere in atto le norme costituzionali, che permettono giuridicamente la redistribuzione, è richiesta l'azione governativa, nell'ambito dell'indirizzo politico, che da attuazione attraverso l'approvazione del bilancio dello Stato, art 81 della Cost. . Infatti, tramite questo documento contabile, dello Stato, si riesce a eseguire i trasferimenti, ai più bisognosi, sotto forma di sussidi, esempio reddito di cittadinanza, sostegno alle famiglie e altro;
d) intervento nei principali settori dell’Economia, ritenuti strategici, attraverso la costituzione di imprese pubbliche, esempio nell'ambito bancario, assicurativo, energetico, siderurgico; fino agli anni 90 la presenza delle imprese pubbliche nel Sistema economico era massiccio, attraverso i due Enti dello Stato, l’ex IRI e IMI, dopo si è dato luogo alla stagione delle privatizzazioni vendendo, nel mercato borsistico, parecchie imprese pubbliche.
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