IL MERCATO DEL LAVORO
Per capire il mercato del lavoro oltre l’economia politica quale altre discipline bisogna affiancare?
“In premessa è opportuno precisare che per comprendere la complessità del mercato del lavoro è necessario avere delle basi su alcune discipline e conoscere l’evolversi dello sviluppo del pensiero economico. I collegamenti più stretti sono tra Filosofia, Diritto ed Economia politica
Della Filosofia è utile partire dall’empirismo inglese che nasce per superare e dare delle risposte alle tesi proposte dalle dottrine filosofiche basate sulla ragione e sulla geometria (Cartesio, Spinoza e Leibnz). Le basi su cui poggiano le formulazioni dei loro costrutti teorici sono: i sensi e l’esperienza”.
Quali sono gli autori da rivedere?
“Thomas Hobbes… l’opera più celebre di filosofia politica Leviatano.
I tre filosofi empiristi inglesi (John Lock, George Berkeley e David Hume)”.
In merito al liberalismo classico cosa potremmo dire in sintesi?
“Le radici del liberalismo classico sono accentrate sulla figura di John Locke. Esiliato in Olanda, partecipò e costituì il partito liberale (Whig) che promosse la “Gloriosa Rivoluzione” 1688-1689. Quest’ultima permise a Guglielmo d’Orange III l’ascesa al trono d’Inghilterra (che sancì la dichiarazione dei diritti – bill of rights). Si avviò, così, la prima monarchia costituzionale al mondo. Lock, nel 1690, pubblicò l’opera più celebre: “Due trattati sul Governo” dove sono contenuti i principi fondamentali del liberalismo classico”.
E del liberalismo illuminato?
“L’altro pilastro è rappresentato dal liberalismo illuminato. Qui le figure centrali sono: Montesquieu attraverso la separazione dei poteri e Kant. Quest’ultimo espresse il suo credo liberale parlando di libertà, uguaglianza e indipendenza.
Attenzione! Voltaire e Rousseau, pur avendo influito sulla nascita del liberalismo, non possono essere considerati liberali”.
Ci sono altri filosofi del liberalismo classico?
“È doveroso citare altri due, prestigiosi, filosofi inglesi che hanno caratterizzato il liberalismo classico: David Hume nella sua illustre opera (il Trattato sulla natura umana); l’economista e filosofo Adam Smith che scrisse un’altra famosa opera: “La ricchezza delle nazioni”. I liberali accolsero quest’ultima opera in modo esaltante. Infatti, lo Stato non era di tipo interventista nel sistema economico, mentre il liberismo dominava nell’economia di mercato. Quest'ultima non risultava temperata da interventi esterni”.
Che differenza c’è tra liberalismo e liberismo?
“Non si devono confondere i due termini: liberalismo e liberismo. Il primo è impiegato nella pratica politica, mentre il secondo è rivolto alla dottrina economica”.
Che genere di corrente filosofica è L’utilitarismo?
“È una corrente filosofica di natura etica. Il massimo esponente: Jeremy BENTHAM. Il prosecutore fu Stuart Mill…”
In genere un termine che si contrappone all’utilitarismo è l’empatia, qualche economista ha scritto qualche saggio su quest’ultima tematica?
“Sì, l’economista Jeremy Rifkin (saggio: “La civiltà dell’empatia”).
È opportuno approfondire sul termine di empatia in Filosofia: distinzione tra empatia negativa e positiva; empatia a scuola…; empatia nell’amore…; è utile riflettere sulla contrapposizione tra utilitarismo ed empatia. Una ricerca e una riflessione su queste due tematiche aiuta a comprendere i cambiamenti sociali in corso”.
Chi sono gli autori più importanti del socialismo utopistico, cosa pensano in merito al lavoro?
“Dall’analisi di Ricardo emerge il carattere conflittuale della distribuzione nel sistema capitalistico. Infatti, egli dimostra che esiste una relazione inversa fra saggio del profitto e salario. Ricardo mette in luce il conflitto fra lavoratori e capitalisti. I Socialisti utopistici, Owen e Sismondi, prendono come idee di riferimento quelle di Ricardo per dimostrare che il sistema capitalistico genera una forma di sfruttamento di un gruppo sociale a danno di un altro. Inoltre, si riallacciano alla tradizione utopistica che spera in un mondo migliore in un posto che non c’è”.
Owen e Sismondi come portano avanti il loro progetto?
“Per portare avanti il loro progetto, mettono in discussione il rapporto di sfruttamento che il capitalismo genera fra gli uomini. Criticano pure l’uguaglianza formale fra gli uomini. Infatti, in quest’ultima si nasconde una disuguaglianza di fatto fra lavoratori e capitalisti. Non condividono le giustificazioni delle disuguaglianze apportate da Locke. Quest’ultimo spiega che il lavoro è la fonte del valore e nel tutelare la proprietà implicitamente spiega che alcuni tendono ad accumulare lavoro mentre altri no. Per i liberali il capitalismo e il sistema migliore che può assicurare la tutela dei diritti naturali dell’uomo.
All’opposto ragionano i socialisti utopistici. Questi ultimi sono convinti, invece, che l’accumulo di lavoro sia la fonte delle disuguaglianze fra gli uomini e non è altro che il frutto della legittimazione del capitalismo allo sfruttamento del lavoro a favore dei capitalisti. Secondo loro, l’unica via d’uscita è di apportare graduali riforme alla società e creare un’organizzazione socialista che disciplina i rapporti fra uomini”.
Che cosa condividono i socialisti utopistici con Marx?
“Marx condivide la loro idea, che il capitalismo opera uno sfruttamento del lavoro, ma mette in luce il limite del socialismo utopistico che privo di una scientificità. Egli, per giungere a una spiegazione di scientificità, parte dal divenire storico di cui sono presenti precisi itinerari e scopi. Da queste “leggi in movimento” della storia, l’uomo può trarre le tappe del proprio cammino. Tuttavia, la scienza che ha in mente Marx è diversa da quella di Newton. Esplicitamente si rifà alla dialettica hegeliana e al materialismo storico”.
Marx su che cosa fonda la sua critica ai classici?
“Agli occhi di Marx appaiano due verità nello studio del sistema economico da parte dell’economia classica di Smith e Ricardo: di aver reso evidente il ruolo che le classi sociali svolgono nel sistema economico; di aver compreso una fondamentale verità che la fonte del valore di ogni cosa è il lavoro; tuttavia, secondo Marx, i classici non hanno saputo vedere e fare emergere dove si annida lo sfruttamento dei lavoratori. Infatti, secondo lui, non è nella fase dello scambio fra lavoro e salario, ma durante la produzione. A suo avviso, la soluzione dipende dalla possibilità di individuare appropriate “leggi di movimento” del capitalismo”.
Oggi il liberalismo presenta delle imperfezioni, quali sono?
“All’attuale liberalismo bisogna mettere in atto i correttivi per ridimensionare le forti disuguaglianze sociali. Altrimenti un altro spettro si aggira in Europa! Non più il comunismo, ma il populismo che sfocerà nel nazionalismo...”
Per affrontare il mercato del lavoro è necessario capire le varie scuole che hanno contribuito a evolvere il pensiero economico?
“Sì, oltre ad analizzare gli sviluppi filosofici, economici, giuridici e sociali a partire: dalla rivoluzione industriale fino ai giorni nostri con l’avvento del Jobs act. È opportuno fare un breve ripasso in merito allo sviluppo del pensiero economico, ricordando le varie scuole di pensiero”.
La fisiocrazia dove e quando si affermo? Chi fu il maggiore esponente?
“La fisiocrazia è una corrente economica che si affermò in Francia tra il 1756/58, opponendosi nettamente al mercantilismo. Il maggior esponente fu il medico François Quesnay che scrisse le tableau. Il mercantilismo fu contestato anche dagli illuministi, sotto due aspetti: la carenza di metodo scientifico; la mancanza di una classe dirigente politica autorevole che esprimesse un potere d’indirizzo, senza la quale, l’accrescimento della ricchezza di una nazione non può esserci.
Su questi presupposti, Quesnay sviluppa la sua opera, trasportando le sue competenze acquisiti in campo medico nel mondo economico nel tableau. Lui descrive il sistema economico composto come uno scheletro, costituito dai soggetti economici. Questi ultimi interagiscono attraverso continue relazioni per assicurare il funzionamento del sistema economico e far permettere, almeno, una sua semplice riproduzione”.
Come sono raggruppati le classi economiche all’interno del sistema economico, secondo François Quesnay?
“Dalla sua opera, le tableau, le classi economiche, sono:
i proprietari terrieri (il clero e la nobiltà) che cedono in locazione i loro terreni, per ricevere in cambio una rendita;
gli artigiani e i mercanti (la classe sterile) che si limitano ad attuare una trasformazione fisica della materia prima in manufatti o uno spostamento nello spazio e nel tempo dei prodotti (secondo Quesnay essi sono concepiti come una classe «sterile» perché non accrescono la ricchezza nel sistema economico);
i fittavoli (agricoltori, allevatori pescatori…) che rappresentano la classe produttiva, esempio: l’agricoltore prende in affitto un terreno, dispone di un capitale di partenza (i semi per la semina, le attrezzature e somme di denaro per retribuire i lavoratori assunti) e inizia a produrre. Alla fine del periodo produttivo ottiene un prodotto lordo. Quest’ultimo deve essere superiore, in termini di valori, al capitale di partenza. dalla differenza tra i due si ricava il prodotto netto”.
Si può affermare che grazie alla scuola classica nasce e si afferma la scienza economica?
“Sì, Grazie a questa scuola la scienza economica nasce e si afferma tra il 1776 e il 1830. Uno dei più importanti eventi, nell’ambito economico, fu la rivoluzione industriale. Quest’ultima portò con sé: un grande processo d’innovazione tecnologica, un ampliamento dei mercati, un incremento di capitali e una trasformazione socio-economica. Infatti, enormi masse di lavoratori, che prima erano orientati e inseriti nel comparto agricolo, s’insediarono nel nuovo comparto industriale e assunsero le vesti di salariati. La domanda dei nuovi beni di consumo cresceva in modo smisurato. Nascevano nuove imprese agricole e industriali”.
È corretto affermare che il padre fondatore della scienza economica fu Adam Smith?
“Sì, questi nuovi avvenimenti economico-sociali spinsero lo scozzese, Adam Smith a illustrare i presupposti e i meccanismi della scienza economica scrivendo la sua opera più celebre: “La ricchezza delle nazioni…”. Pubblicata nel 1776. Il prosecutore, in tempi successivi, fu David Ricardo autore di un’altra autorevole opera: “Principi di Economia politica e della tassazione”, pubblicata nel 1817. Questi economisti sono considerati i massimi esponenti dell’economia classica”.
Cosa s’intende che i classici sono sostenitori del “laissez faire?
“I classici, in generale, sono sostenitori del liberismo. Secondo questa corrente di pensiero, la crescita e il benessere economico, di tutti i cittadini, debbano essere solo nelle mani del mercato. Lo Stato non deve intervenire in economia e deve lasciare libero il mercato, perché quest’ultimo da solo, attraverso la famosa “mano invisibile”, si autoregola. I classici condividevano, unanimemente, la legge degli sbocchi di Say. Quest’ultima stabilisce che: ogni offerta trova sempre la sua corrispondente domanda”.
Karl Marx con la pubblicazione del “Capitale” a chi muove pesanti critiche?
“Egli, con la pubblicazione del “Capitale”, nel 1865, attacca frontalmente la teoria della “mano invisibile” e l’intero funzionamento del sistema capitalistico. Partendo dal concetto del profitto del capitalista inteso come “residuo”, formulato da Ricardo. Proprio questo principio, a suo avviso, è la causa del conflitto sociale. Inoltre, dalla sua interpretazione dell’economia dei classici, muove delle pesanti critiche, dovute all’instabilità del mercato che non a caso lo porta verso la crisi. Quest’ultima, a suo dire, è dovuta, soprattutto, alla caduta del saggio di profitto dell’imprenditore e ai bassi consumi derivanti dalle masse lavoratrici”.
Chi risponde alle critiche mosse da Karl Marx?
“A seguito le critiche mosse da karl Marx, al sistema capitalistico, era fondamentale dare una risposta e sfidarlo attraverso una teoria scientifica economica. Tuttavia, non era pensabile di rispondere apportando delle modifiche alle idee economiche apportate dai classici. Era necessario elaborare una nuova teoria che non si scontrasse con il sistema capitalistico, anzi che fosse in armonia con esso e con il sistema economico. Fu così che nacque una nuova concezione teorica, a partire del 1870, dando luogo alla scuola neoclassica o marginalista”.
Il periodo più fiorente del pensiero neoclassico quando si affermò?
“Il periodo più illustre si raggiunse tra il 1870 e il 1918, dove si sviluppò il pensiero Neoclassico che divenne la scuola dominante in tutto il mondo. Il punto di partenza fu la scuola Austriaca o Viennese, con i seguenti rappresentanti: K. Carl Menger ed Eugen von Böhm-Bawerk in Austria. Un’altra scuola rilevante fu la scuola di Losanna, fondata da Léon walras, quest’ultimo chiamò a succedergli l’italiano V. Pareto. Il punto di arrivo fu rappresentato dalla scuola di Cambridge, guidata dapprima da Marshall e poi dai suoi due seguaci Pigou e keynes”.
Ci sono stati altri esponenti che hanno contribuito allo sviluppo del pensiero economico neoclassico?
“Sì, altri illustri rappresentanti di diversi paesi sono i seguenti:
G. Cassel e, per certe cose, K. Wicksell in Svezia;
M. Pantaleoni e L. Einaudi in Italia;
J. B. Clark e I. Fisher negli Stati Uniti”.
Perché i neoclassici nel formulare il modello economico rifiutavano il concetto di classe e privilegiavano il filone individualistico?
“I neoclassici, che si accostavano al filone individualista, rifiutavano ogni rigoroso concetto di classe. Infatti, Concepivano la società strutturata da operatori che, a vari titoli e a funzioni differenti (imprenditori lavoratori e consumatori), sono posti in un’assoluta parità. Nonostante le palesi disuguaglianze e gli squilibri presenti all’interno della società. Questa scuola esamina, come punto di partenza, l’analisi del singolo comportamento individuale per costruire la teoria economica”.
il concetto di razionalità degli operatori economici è fondamentale per i neoclassici.
“Sì, è il nucleo della teoria. Infatti, ogni operatore razionale tenderà a massimizzare i propri risultati per trarre l’utilità maggiore dalle scelte poste in essere. L’imprenditore tenderà a raggiungere il massimo profitto, il consumatore si orienterà verso acquisti razionali, per ottenere la massima utilità e il risparmiatore cercherà di suddividere al meglio i suoi risparmi tra bisogni presenti e futuri.
Perché secondo i neoclassici non c’è alcuna ragione a cui credere che alcuni operatori saranno sfruttati a beneficio di altri?
I singoli operatori, che operano all’interno del mercato, pongono in essere le loro contrattazioni e saranno equamente retribuiti. Ciò eliminerà il presupposto che alcuni saranno sfruttati a beneficio di altri. Quest’ultimo concetto è spiegato dal fatto che ognuno sarà retribuito in proporzione al contributo dato all’attività produttiva. La metodologia adottata da questo filone, che ha dato luogo alla scuola neoclassica, pone al primo posto la sovranità del consumatore. È il consumatore a essere sovrano attraverso i suoi gusti, desideri e le scelte che mette in atto per soddisfare i suoi bisogni. Il consumatore decide così le sorti della produzione. Il funzionamento del mercato, che permette la distribuzione dei prodotti, realizzerà l’efficienza a condizione che sia garantito regime di concorrenza perfetta”.
Secondo i neoclassici quali sono i compiti che deve assolvere lo Stato?
“I compiti dello Stato sono: intervenire quando, nel mercato, si manifestano imperfezioni e distorsioni; eseguire la Politica economica e far sì che si evitino posizioni di monopolio; assicurare l’attuazione di una politica monetaria equilibrata. In quest’ultimo caso per evitare crisi di disoccupazione o inflazione”.
In che periodo e come si sviluppò la tradizione keynesiana?
“Keynes, nel febbraio del 1936, pubblicò la sua principale opera: “La Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta”. Grazie a quest’opera, la macroeconomia assunse un approccio sistemico più compiuto. Tale opera costituisce le basi e lo sviluppo del pensiero moderno”.
Che correttivi apportò l’opera di Keynes?
“La visione Keynesiana apportò forti correttivi al pensiero neoclassico e spinse l’analisi della macroeconomia su un livello mai raggiunto e molto elevato. L’economista, principalmente, fu stimolato a scrivere quest’opera per dare una risposta e una soluzione alla crisi del 1929”.
Come viene affrontata l’entrata e l’uscita della crisi?
“L’opera mette in risalto come il sistema capitalistico entra in una fase di crisi e permane fino a sfociare in una vera e propria recessione che si propaga nell’intero sistema economico. Tuttavia, l’opera illustra anche com’è possibile uscire da un’aspirale inarrestabile di profonda crisi e quindi la soluzione. La legge degli sbocchi (di Say) non funzionò e la crisi del 1929 dilagò oltre oceano radicandosi nell’intero sistema occidentale. La risposta arrivò con l’intervento dello Stato nel sistema economico. Negli Stati Uniti la crisi e il dissesto finanziario sembravano ormai irreparabile, ma, grazie alla prontezza e alla lungimiranza del Presidente Franklin Delano Roosevelt, nel 1932 s’intervenne in modo deciso. Introducendo un nuovo Piano denominato New Deal, il “nuovo corso” ispirato dalle idee keynesiane che portò all’uscita della crisi”.
In che cosa si differenzia Keynes rispetto a neoclassici e ai classici?
“Keynes, a differenza dei classici e dei neoclassici, era fermamente convinto che lo Stato avrebbe dovuto assolvere un ruolo attivo all’interno del sistema economico, come o di più di un soggetto economico. Inoltre, avrebbe dovuto essere compito dello Stato fissare gli obiettivi politico-economici, invece di rimanere neutrale e inerte com’era avvenuto prima della crisi. Inoltre, si passò dalla finanza congiunturale alla finanza funzionale. La teoria keynesiana ebbe successo e venne applicata in tutti i paesi occidentali. Il sistema liberista fu abbandonato da tutti gli Stati e velocemente si passò al sistema a economia mista. La risposta arrivò applicando la tesi keynesiana e quindi la spesa pubblica…”
Della sintesi neoclassica del pensiero keynesiano o New Economics chi sono i maggiori esponenti?
“I neokeynesiani: Hicks e Hansen, famosi per il celebre modello IS-LM”.
Chi fu il fondatore e come si sviluppò la scuola monetarista?
“Il monetarismo trova come fondatore e massimo esponente Milton Friedman, della scuola di Chicago, che conseguì il premio Nobel nel 1976.
Negli anni 70/80, del secolo scorso, si assistette a un nuovo problema economico, la stagflazione. Questa grave situazione economica portò a un aumento dell’inflazione e contemporaneamente a una stagnazione. Quest’avvenimento mise in discussione la validità della teoria keynesiana e post-keynesiana che per trenta anni aveva prevalso. In oltre, la curva di Phillips perdeva efficacia. Quest’ultima e la teoria keynesiana, erano contestate da un gruppo di economisti capeggiati da Milton Friedman. I quali ritenevano necessario un ritorno verso politiche economiche non interventiste, ma a favore di un incremento del libero mercato. Per i Monetaristi la politica della spesa pubblica opera soltanto uno spiazzamento di risorse dal privato verso il pubblico e quindi non risolve le problematiche economiche. Per tale motivo non è efficiente. L’unico sistema per garantire stabilità al sistema economico è la politica monetaria, che se è esercitata correttamente, dalle autorità monetarie e senza preavvisi può dare veloci e validi risultati all’economia”.
Terminato lo sviluppo del pensiero economico, entriamo in merito al mercato del lavoro. In quest’ultimo mercato cosa si negozia?
“Nel mercato del lavoro si ha per oggetto il lavoro che consiste nella prestazione lavorativa”.
Nel mercato del lavoro chi formula la domanda e l’offerta di lavoro?
“I soggetti in questo mercato sono:
da un lato Gli imprenditori (imprese private e pubbliche) che formulano la domanda di lavoro e che sono disposti ad assumere un numero di lavoratori a un dato salario;
dall’altro lato, ci sono i lavoratori che formulano l’offerta offrendo i propri servizi lavorativi alle imprese in cambio di una retribuzione”.
Come risulta composta L’offerta di lavoro?
“Dai lavoratori che hanno raggiunto l’età lavorativa, si avvalgono delle caratteristiche fisiche e sono disposti a lavorare”.
Chi fa parte della popolazione attiva o componenti della forza lavoro?
“I seguenti soggetti:
• i lavoratori occupati;
• le persone non occupati (disoccupati; persone in cerca di prima occupazione; persone che hanno perso il lavoro e sono in cerca di lavoro)”.
Da che cosa risulta influenzata l’offerta di lavoro?
“Dall’andamento demografico, infatti, se le nascite sono basse e limitate, la popolazione tende verso un grado d’invecchiamento elevato e alla forza lavoro bisogna apportare dei correttivi:
• aumento dell’età pensionabile;
• ricorso di manodopera d’immigrazione”.
Come cambia la struttura dell’offerta di lavoro da Paese a Paese?
“In base alla realtà economico-sociale del sistema economico di cui si fa riferimento, prendiamo in esame due paesi a confronto (il primo a economia avanzata e il secondo sottosviluppato). Attraverso un’analisi statistica di occupati per settore di attività, industria agricoltura e servizi, emergono differenze a livello di percentuale sul tipo di distribuzione dei lavoratori nei tre settori. Da questa semplice analisi, si può indicare il livello di sviluppo raggiunto da ciascun Paese”.
In che cosa consiste il ruolo dei sindacati nel mercato del lavoro?
“Come noto dal Diritto, dalla legislazione del lavoro e sindacale, i sindacati hanno il compito di tutelare la componente debole, in altre parole il lavoratore. Le rappresentazioni sindacali più importanti, a livello nazionale, sono le tre confederazioni (CGL, CISL e UIL). Il compito principale di quest’ultime, in ambito economico, è di concludere, con i rappresentanti delle confederazioni delle imprese (Confindustria, Confcommercio, Confservizi e Confagricoltura), i Contratti collettivi. In questi ultimi, si stabiliscono, per ogni categoria di lavoratori dipendenti, le condizioni di lavoro: parte retributiva e parte normativa”.
Quali sono le variabili che influenzano la domanda di lavoro?
“La domanda aggregata e in particolare la domanda dei beni e servizi da parte delle famiglie;
il costo del lavoro (il salario, rappresentato da w, è il costo orario che l’imprenditore deve pagare per ottenere la manodopera) comprende: una componente retributiva e una parte relativa agli oneri previdenziali e assistenziali;
la tecnologia messa in atto nel processo produttivo”.
Che cosa è la flessibilità?
“Consiste nella capacità della forza lavoro di adattarsi ai nuovi e continui orientamenti e cambiamenti nel mercato del lavoro, saper spendere le nuove conoscenze e competenze richieste”.
E la mobilità?
“Riguarda la disponibilità del lavoratore a spostarsi, frequentemente, nei vari luoghi dove è richiesta la prestazione lavorativa: all’interno del proprio Paese e all’estero, soprattutto nell’UE, grazie all’avvio del mercato unico europeo in cui risulta garantita la piena libertà di movimento dei lavoratori all’interno dei ventotto Stati”.
Come analizzano i neoclassici il mercato del lavoro?
“Secondo i neoclassici è possibile creare un modello semplificato e ipotizzare che nel mercato del lavoro siano presenti i tratti della concorrenza perfetta. Infatti, secondo il loro approccio, in questo mercato ricorrono le seguenti condizioni:
• la numerosità (la presenza di numerosi soggetti dal lato della domanda e dal lato dell’offerta);
• l’omogeneità (le imprese devono essere libere di scegliere i lavoratori e non deve esserci alcuna differenza tra essi, presunzione di uguaglianza e indifferenza nell’assumere i lavoratori);
• la costanza nella forza lavoro per avere una grandezza data, s’ipotizza di bloccare questi continui flussi e porre l’attenzione alla struttura. Così, una volta stabilito il totale degli occupati e dei disoccupati, si avrà una grandezza costante, quindi illustrate le cause dell’occupazione, sono altrettante spiegate le cause della disoccupazione”.
I neoclassici nel costruire il modello economico da quale mercato partono?
“I neoclassici pongono il mercato del lavoro al centro della loro teoria economica. Infatti, La produzione, come tutte le altre variabile macroeconomiche, viene a esserne esaminata di conseguenza:
MERCATO DEL LAVORO→PRODUZIONE/OFFERTA AGGREGATA→DOMANDA AGGREGATA”.
È possibile una rappresentazione grafica di questo mercato per capire come si muove la domanda e l’offerta di lavoro?
“Sì, infatti la loro analisi è basata sul presupposto che tutti gli agenti economici siano price-takers, in altre parole subiscono i prezzi formulati dal gioco impersonale della domanda e dell’offerta del mercato. Nessuno di loro ha il potere di formulare i prezzi (concorrenza perfetta). Per capire come funziona il ragionamento dei neoclassici, bisogna esaminare il grafico e spiegare come si muove la domanda e l’offerta di lavoro in questo mercato. Si deve esaminare il rapporto che ricorre tra:
a) salario e domanda di lavoro;
b) salario e offerta di lavoro.
Nel caso (a) quando il salario cresce, la domanda di lavoro diminuisce e dal punto di vista grafico, la domanda di lavoro è rappresentata da una retta lineare decrescente;
nel caso (b) invece, quando il salario aumenta, l’offerta di lavoro aumenta e dal punto di vista grafico, l’offerta di lavoro è rappresentata da una retta lineare crescente.
Si precisa che la domanda di lavoro è formulata dalle imprese, mentre l’offerta di lavoro e postulata dai lavoratori.
L’idea si rende più chiara attraverso la sottostante rappresentazione grafica del mercato del lavoro, dove si dimostra quando si raggiunge il punto di equilibrio”.
Che cosa rappresenta la retta lm estrema?
“La retta estrema, verticale, rappresenta tutte le forze lavorative, massime, di un Paese (gli occupati + i lavoratori in cerca di un’occupazione) ed è facile notare che la retta dell’offerta di lavoro s’interrompe, quando s’incontra con la retta della forza lavoro (lm)”.
Con un salario troppo basso come wo cosa accade?
“In tale mercato è presente un salario di riserva (ovvero un salario minimo sotto al quale nessun lavoratore è disposto a lavorare) wo. Infatti, la retta che rappresenta il mercato del lavoro s’interrompe in lo”.
E con un salario altissimo w1?
“Il caso in cui vi è un forte aumento del salario fino a raggiungere un ammontare pari a w1: i lavoratori occupati corrispondono al segmento 0 ld; la disoccupazione involontaria è pari al segmento ld ls, mentre quella volontaria è pari a ls lm; il totale di disoccupazione è dato dal segmento ld lm (somma della disoccupazione volontaria + quella involontaria). È comprensibile che, ad alti salari, le imprese siano disposte ad assumere pochi lavoratori, mentre a quelle condizioni molti lavoratori vorrebbero lavorare, ma non trovano imprenditori disposti ad assumerli (disoccupazione involontaria, Ld Ls)”.
Quando il saggio del salario si colloca nel punto We, nel mercato del lavoro cosa avviene?
“Scompare la disoccupazione involontaria, ma è presente una disoccupazione volontaria pari alla misura del segmento le lf. Il punto di equilibrio, in tale mercato, porta verso la piena occupazione e si raggiunge quando s’intersecano le due rette dell’offerta e della domanda. Tuttavia, non si deve credere che non esiste la disoccupazione. Infatti, non tutti i lavoratori sono disposti a lavorare a quel salario e a quelle condizioni, in ogni caso permane la disoccupazione volontaria le lm”.
Secondo i neoclassici come si raggiunge l’equilibrio?
“È importante rilevare che l' equilibrio avviene automaticamente. È il mercato stesso a raggiungerlo spontaneamente, senza interventi esterni”.
Perché nelle legislazioni moderne e in Italia si assiste a una rigidità del mercato del lavoro?
“Nelle moderne legislazioni sociali e alla presenza di una compiuta legislazione che regola minuziosamente l’intera materia, si assiste alla presenza di una rigidità del mercato del lavoro. Infatti, tale mercato è sottoposto a una regolamentazione molto stringente e sono presenti dei pesanti vincoli: si stabilisce un orario massimo di lavoro; si pongono dei divieti ai licenziamenti (se non ricorrono determinate cause, non è ammesso il licenziamento); si stabilisce un salario minimo, oltre il quale non si può scendere (in Italia, rif. Art.36 Cost. e contrattazione collettiva). Con questi tre vincoli, anche se il salario subisse una diminuzione consistente, non si otterrebbe, un corrispondente accrescimento, dal lato della domanda di lavoro, esempio: il salario scende del 10% non è assolutamente detto che ci sarà un aumento dell’occupazione corrispondente pari a tale percentuale. Infatti, la domanda di lavoro, formulata dalle imprese, risente della presenza della rigidità del mercato è sarà contenuta nella misura del 2-3% (si faccia riferimento alla legge della domanda: elasticità e rigidità della domanda)”.
Il potere contrattuale dei lavoratori, nel mercato del lavoro, quando diventa imponente?
“È opportuno precisare che, oltre alla rigidità del mercato del lavoro, il potere contrattuale dei lavoratori, in alcuni periodi, è notevole. Soprattutto quando c’è una bassa disoccupazione. Infatti, le imprese sono costrette a pagare salari più alti, purché abbiano a disposizione i lavoratori nella loro organizzazione aziendale. Altrimenti non possono fronteggiare alla forte richiesta di merci e di conseguenza evadere gli ordini. Inoltre, quando lo stato sociale tende a comprimersi e i servizi sociali offerti si riducono, i lavoratori sono costretti a trovare un rimedio e l’unica possibilità è rivendicare gli aumenti dei salari per sopperire a tali carenze”.
L’alta disoccupazione, per i neoclassici, da che cosa è dovuta?
“Dall’analisi compiuta, in questo complesso mercato del lavoro, per i neoclassici l’elevata disoccupazione è da imputare, maggiormente, alla forte rigidità del mercato creata dall’apparato istituzionale”.
Che cosa bisogna fare per abbassare la disoccupazione?
“La via, secondo i neoclassici, per diminuire la disoccupazione è allentare i vincoli su citati. Infatti, le riforme sul mercato del lavoro, in questi ultimi anni, apportate sia della riforma Fornero e soprattutto da parte del governo Renzi, attraverso l’entrata in vigore del “jobs act”, si sono spinte, in parte anche, su questa direzione. Tuttavia, visti i dati statistici forniti dall’Istat, i risultati sono piuttosto contenuti, ma almeno si è assistito a un cambiamento di rotta della disoccupazione”.
Che spiegazione forniscono i keynesiani in merito alla disoccupazione?
“La tradizione keynesiana parte dal presupposto che la domanda di lavoro risulta influenzata dalla domanda effettiva (la formula della domanda aggregata è: D = C+ I + G+ E-M). Per semplificare supponiamo di prendere in esame due componenti di essa: il consumo e gli investimenti; immaginiamo di non coinvolgere l’operatore estero (esportazioni - importazioni) e l’intervento dello Stato (G=spesa pubblica). Come risulta noto, la domanda di beni di consumo è pressoché stabile, invece la domanda di beni d’investimento è molto instabile e sensibile ai cambiamenti. I fattori che influenzano quest’ultima sono: la variazione del saggio d’interesse e le attese di profitto da parte delle imprese”.
Che cosa comporta una bassa domanda effettiva, in un periodo di recessione, quando le aspettative delle imprese, in merito al saggio dei profitti, sono incerte e regna un certo scetticismo nei vari settori economici?
“Ovvio che gli imprenditori contraggono subito e fortemente la domanda degli investimenti (vedi crisi finanziaria 2007-2009; crisi dei debiti sovrani, in Europa, 2011-2012)”.
Che cosa accade nel sistema economico a economia mista, quando si ha una contrazione degli investimenti?
“Essendo I un componente della domanda aggregata, l’incremento o il decremento del suo valore, produce effetti moltiplicativi sul reddito sia in senso positivo, sia in senso negativo (come noto, il meccanismo del moltiplicatore spiega che se un componente della domanda aggregata, gli investimenti, aumenta di 100 euro, il reddito non aumenta soltanto di 100 euro, ma molto di più. In ogni caso, gli effetti moltiplicativi generati dal moltiplicatore, dipendono dalla propensione marginale al consumo della collettività). Tuttavia, in questo caso, gli investimenti si contraggono e di conseguenza producono effetti moltiplicativi sul reddito nazionale e sul mercato del lavoro non in senso positivo, ma in senso negativo. La diminuzione del reddito nazionale comporta un allontanamento dal reddito potenziale. Infatti, il sistema economico produce un reddito di gran lunga inferiore a quello potenziale. Gli imprenditori ridurranno il numero di lavoratori e di conseguenza aumenterà la disoccupazione involontaria, inoltre diminuirà anche il consumo, ha seguito la diminuzione del reddito. Si assiste, così, ha una diminuzione della domanda aggregata che produce effetti negativi sul mercato del lavoro che porta alla disoccupazione e di conseguenza s’intensifica la crisi economica. dato che nel sistema economico regna tra gli imprenditori un forte scetticismo a investire e, solitamente, in queste fasi, essi trovano più vantaggioso (in termini di rischio e rendimento) investire i loro capitali nei beni rifugio. Si determina un continuo spostamento di capitali dall’economia reale verso quella monetaria”.
Tutto ciò perché?
“Come illustrato da Adam Smith, nella sua opera - La ricchezza delle nazioni - gli imprenditori inseguono il saggio del profitto. Infatti, in certi momenti, quando il saggio del profitto nell’economia reale non è remunerativo e risulta diffuso un certo pessimismo tra gli imprenditori, i capitalisti non esitano a spostare altrove i loro averi. È intuibili, anche per coloro i quali non si avvalgono di approfonditi studi di macroeconomia, capire che gestire 1000.000 di euro, da parte dell’imprenditore capitalista, nell’economia reale (esempio: nelle costruzioni, nell’industria e anche nella new economy) necessità di consistenti investimenti su due fattori produttivi: il personale e gli strumenti produttivi per realizzare i beni o i servizi desiderati. Cosa diversa è, invece, investire in beni rifugio, come l’oro o opere d’arte, o nell’economia monetaria (acquisto di strumenti finanziari: obbligazioni…) in queste ultime scelte d’investimento, al capitalista imprenditore, non serve un organico elevato di personale. Infatti, per gestire il milione di euro, bastano pochi addetti, specializzati in tali ambiti. In conclusione la fuga dei capitali dall’economia reale verso l’economia monetaria e nei beni rifugio comporta indirettamente l’aumento della disoccupazione e contemporaneamente si sfocia in un ristagno della liquidità che porta verso la trappola della liquidità che è la causa della crisi economica”.
Qual è la soluzione secondo la tradizione keynesiana alla disoccupazione e soprattutto a quella involontaria?
“La loro riflessione parte dal fatto che il reddito effettivo è inferiore a quello potenziale. Questo perché la domanda è inferiore a quella necessaria per raggiungere il prodotto potenziale”.
Tutto ciò che significa?
“Che nel sistema economico ci sono fattori produttivi disponibili ma non utilizzati, oltre i macchinari, soprattutto i lavoratori che vogliono lavorare, ma le imprese non richiedono la loro manodopera”.
Qual è la soluzione per sbloccare il sistema economico che non funziona in pieno regime e abbassare il tasso di disoccupazione?
“Posto che nell’attuale fase contingente: gli imprenditori sono poco propensi agli investimenti; le famiglie tendono a incrementare, ma non di molto, il consumo; lo Stato italiano è sottoposto a vincoli, stringenti, di bilancio stabiliti dall’UE nel patto di stabilità e crescita e con il fiscal compact, inoltre ha un debito pubblico enorme e se vogliamo eccessivo che produce effetti negativi (in termini d’interessi passivi).
Da queste premesse il quadro economico risulta complesso. Il cardine del problema sta nella limitatezza dello spazio per l’uso di una politica fiscale espansiva. Quest’ultima, secondo i keynesiani, rappresenta una ricetta ideale contro la disoccupazione e la crescita economica nel breve periodo”.
Ma in che cosa consiste la politica fiscale espansiva?
“Lo Stato attraverso il bilancio interviene per apportare dei cambiamenti nel sistema economico (al governo compete deliberare il disegno di legge di bilancio e di stabilità, successivamente viene autorizzato dal Presidente della repubblica e infine presentato al parlamento. Quest’ultimo approva la legge di bilancio). Nelle fasi avverse del ciclo economico e in periodi di recessione, lo Stato può far crescere la domanda aggregata attraverso una manovra di bilancio di tipo espansiva, che consiste: nell’aumentare la spesa pubblica, senza aumentare contemporaneamente i tributi, addirittura riducendo la pressione fiscale. In ogni caso, deve ricorrere alla copertura della maggiore spesa pubblica, ricorrendo all’emissione del debito pubblico per la parte del disavanzo di bilancio. Tuttavia, per il nostro Paese, in questo momento gli spazi, per l’uso di questo genere di politica fiscale espansiva, sono limitati, per quanto detto in precedenza.”
Stabilito che gli spazi di politica fiscale sono limitati. Allora, quali sono le vie da intraprendere per la crescita economica e la diminuzione della disoccupazione? Si precisa che Quest’ultima, in questo periodo, si aggira intorno all’11,3%.
“La maniera più rapida per dare una risposta alla disoccupazione è rilanciare la crescita, consiste nello stimolare gli imprenditori a compiere maggiori investimenti, accertato che l’indice di fiducia delle imprese sta crescendo, buon segno, ma non basta. Tuttavia, fino ad oggi le misure adottate, dai vari governi, non sono stati convincenti (una consistente defiscalizzazione degli oneri sociali attesa, dalle impese, da anni non è mai giunta, il carico contributivo è eccessivo il più alto in Europa) e i risultati raggiunti sono rimasti pressoché deboli. Nemmeno gli operatori esteri sono stati propensi a intensificare gli investimenti diretti dall’estero (IDE). I motivi che scoraggiano gli investimenti privati in Italia sono parecchi”.
Posto che l’operatore impresa nel nostro Paese non si trova in una situazione favorevole, l’operatore estero e l’operatore famiglia che segnali danno all’economia?
“In questo momento, nonostante tutto ciò, la scommessa economica italiana, sembra essere rivolta verso l’operatore estero. Infatti, si registrano segnali positivi e incoraggianti che arrivano dai saldi positivi della bilancia dei pagamenti. I risultati non provengono da una forte competitività della produttiva interna, ma da un periodo, precedente, di debolezza dell’Euro rispetto al dollaro. Tuttavia, in quest’ultima fase, è in corso un rallentamento del commercio internazionale e si sta assistendo, pure, a un rafforzamento dell’Euro sul dollaro. Questo processo di apprezzamento dell’euro non contribuisce a rafforzare la domanda estera.
I segnali migliori in economia si possono intravedere soprattutto dall’incremento della domanda del consumo interno. Infatti, l’indice di fiducia delle famiglie verso il consumo sta crescendo. Tuttavia, il tasso d’inflazione è abbastanza lontano dalla soglia del 2% (soglia sancita dal trattato europeo, di cui la BCE orienta la sua politica monetaria nell’area UEM. Per questo motivo, Draghi insiste su una politica monetaria ultra espansiva che è utile pure nel cambio dollaro / euro…). Infatti i dati estratti dall’Istat segnalano una ripresa del consumo delle famiglie dal 2013 che risulta tutt’oggi consolidata”
Com’è la crescita del PIL italiano?
“La crescita del Pil, fin dal 2013, resta debole. A trainare tale crescita, sono stati l’operatore famiglia (incremento della domanda di consumo interno) e l’operatore estero (incremento della domanda estera). Invece chi non ha contribuito a spingere la domanda aggregata verso il prodotto potenziale è da imputare:
• alla mancata crescita della domanda degli investimenti privati che tutt’oggi restano a un ammontare inferiore ai livelli pre-crisi;
• la limitata crescita degli investimenti pubblici.
Questi ultimi sono stati il freno alla crescita economica. Purtroppo, non ci sono molte speranze che ci sia una forte crescita, sia per quest’anno e sia per il prossimo. Per queste motivazioni la disoccupazione è destinata a permanere alta per più anni”.
È possibile trarre una sintesi delle cause della disoccupazione, secondo i keynesiani nel breve periodo?
“Sì, nel breve periodo In premessa dobbiamo distinguere due concetti il reddito potenziale e il reddito effettivo.
Infatti, nel breve periodo, il sistema economico si pone come obiettivo il raggiungimento del reddito potenziale o naturale che non sempre riesce a conseguire, perché il reddito effettivo ottenuto è inferiore. Precisando che il sistema economico dispone della dotazione necessaria dei fattori della produzione (lavoro-capitale) per realizzare il reddito potenziale o naturale. Allora, il problema da risolvere è di accostare il reddito effettivo al reddito potenziale all’interno del sistema economico”.
Che cosa bisogna fare?
“Agire nei componenti della domanda aggregata effettiva per accrescere il suo livello. Di conseguenza, così, si può raggiungere o avvicinarsi il più possibile al reddito potenziale o naturale che porta alla piena occupazione”.
Posto che nel sistema economico vi è la presenza di una bassa domanda effettiva rispetto alla produzione potenziale o reddito potenziale cosa bisogna fare?
“È necessario esaminare prima le cause e poi apportare la soluzione”.
Quali sono le cause?
“Si possono così elencare:
• Bassa domanda effettiva rispetto alla produzione potenziale del Sistema economico;
• l’elemento che crea maggiore instabilità all’interno della domanda aggregata sono gli investimenti, mentre i consumi, la spesa pubblica e l’estero, in quest’ultimo caso, se i cambi non fluttuano bruscamente, restano quasi tutti e tre costanti;
• gli imprenditori sono scettici perché il saggio del profitto è basso e regna il pessimismo;
• si crea un ristagno di liquidità;
• i capitalisti spostano i loro capitali dall’economia reale verso l’economia finanziaria e nei beni rifugio;
• si sfocia in una situazione di crisi come dimostrabile dalla caduta del PIL;
• Il PIL continua a decresce, si è in una fase recessiva del ciclo economico”.
Qual è la soluzione secondo i Keynesiani?
“Il mercato da solo non riesce a sollevarsi o impiegherebbe molto tempo causando gravi problemi al sistema economico (elevata disoccupazione e mancata crescita). È opportuno che le autorità pubbliche adottino corrette misure di politica economica:
• interviene lo Stato attraverso la G (la spesa pubblica) esercitando una politica di bilancio di tipo espansiva;
• la politica di bilancio di tipo espansiva consiste nell’aumento della spesa pubblica senza aumentare i tributi o addirittura diminuendoli, questi ultimi, tuttavia assicurando la copertura con il ricorso al debito pubblico (emissioni di titoli pubblici);
• ciò stimola gli imprenditori a investire di più, gli investimenti crescono e di conseguenza aumenta l’offerta globale;
• maggiore occupazione;
• incremento del reddito che porta a maggiore consumo e risparmio;
• maggiore consumo delle famiglie di beni durevoli e beni di consumo immediato;
• maggiore risparmio porta verso un aumento dell’acquisto di titoli pubblici e privati;
• il tasso d’interesse scende e stimola ulteriormente gli imprenditori a investire di più;
• la domanda effettiva giunge alla produzione potenziale;
• il sistema economico è in piena occupazione;
• la disoccupazione involontaria è annullata, tuttavia può essere presente una disoccupazione volontaria;
• la crescita economica si espande lungo la fase espansiva del ciclo economico e continua, fino a quando non s’innalza troppo il tasso d’inflazione. A questo punto, bisogna adoperare una politica di bilancio restrittiva e politica monetaria restrittiva…”
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